605 esser tutte pensade; et che (lieti oratori parlino eri, vario a star qualche dì a Milan, aspectano risposta dal lhoro re, di la via, hanno a far, voriano venir a Venecia. Ilem, Morgante corier nostro esser passato de 11 con lettere, va in Pranza, quasi non è morto per spilenlia, stè do zorni in leto. Ilem, di Savoja ni Aste nulla ha di novo, per non liaver auto alcun aviso zìi uno mexe. Vene in collegio uno messo di Frachasso dri-zato a li cai dii consejo di X, qual fo fato venir in collegio per li cai, e mandati tutti fuora, credo, vo-ria venir a nostro soldo, oferisse far etc. Da poi disnar in collegio reduti, li savij per consultar ; fo leto alcune lettere restava questa ma-tìna è di campo venute. Da Castel Delze, di proveditori, di 8. Di le lettere haveano fato a’ spagnoli, di cambio, quali venivano qui. Ilem, Paulo Vitelli li manda a dir per uno trom-beta che tien la pace fata, et che eri dovea nasser la sententia, et che missier Galeazo Visconte havia aviate le zente duchesehe, zoè il resto verso Milan. Da Bibiena, di sier Piero Marcello provedilor, di 7. Come convochoe tutti e li disse el bisogno di le vituarie, e trovono tra lhoro chi dete un mozo e chi mezo di farina, aileo ara ancora oltra i diexe per zorni 5 over 6, sichè si tenirà saldi si dovesseno inanzar cavali e aseni, e la Signoria non dubiti. Di Dulzigno, di sier Piero Nudai conte e capitano, di... marzo. Avisa dii zonzer dii nostro ora-tor a Costantinopoli a dì 23 fevrer, et conferma aver nova di la rota bave turchi in Rossia. In questo zorno. Io, per esser a 1’ hordine bisognava aricordar le cosse da mar, proposi in collegio tre cosse : la prima di far capitano zeneral da mar et 10 soracomiti, licei ne fosseno molti electi per dar più fama ; ilem, spazar Alvise Sagudino a Ferisbei sanzacho di Scutari con presenti, e a Scan-der bassa, era venuto in Bossina, juxla li aricordi ne fece sier Andrea Griti per sue lettere ; et di scriver a Costantinopoli di questa pace fata. Et eliam fu promosso per li altri savij di scriver in Franza di dita sententia, et fo disputato e consultato tutte le materie doman si farà. El ducila di Ferrara, non senza gran pioza, ozi da poi disnar partite, va a Chioza ; et rimase qui Ti-baldo suo canzelier, voria esser pagato di la sententia ; et non volse fusse zerchato in li burchij per li dacieri li contrabandi, dicendo faria moto in bur-chiela ; e andò via, e pasando. per canal grando tutti li barcharuoli di trageti, li cridoe drio magnaza, et bateva le banchete, poi zonto al ponte di Rialto stete 606 assa’ che niun non volea averzer le gavarate dii ponte acciò passasse, adeo convene far dismontar di soi ; et poi credendo esser fuora, come fu a Poveja, da quelli conzava le nave li fo dato stridor ; sichè con mal animo di tutti si partite; eliam Zuam Alberto da la Pigna se andò con Dio. Et li oratori fiorentini questa matina veneno sul tardi per venir in collegio, ma tutti si era levati e non vi veneno. In questo zorno in quarantia civil e criminal fo expedito, per li avogadori di comun, sier Antonio Codio oli ni a le cazude, pef haver nota alcuni zorni, dovea star in l’oficio che non era ; e prima questa malina fo asolto il Tura, e da poi disnar fo menato ditto sier Antonio Cocho, per sier Antonio Calbo avo-gador e compagni, sier Domenego Trivixan el cav. e sier Lorenzo di Prioli, et messo di procieder, fo preso di una balota, zoè 37 di procieder, 20 di no, et 15 non sincere, e li avogadori messe che ’1 fusse bandizà do anni di ofìzjj e benefizij e consegij : have 24, e li consejeri e cai di XL, che ’1 fusse bandizato per do anni di paga, et have 43 et 5 non sincere, et questa fu presa. A dì 12 aprii. In collegio. Vene sier Piero Balbi el cavalier, venuto capitano di Vicenza, et referite nulla da conto, fo brieve e andò via. Vene le do oratori fiorentini vestiti di seda, e ben in hordine: et disse coinè li soi excelsi signori inteso il laudo fato per il ducila di Ferrara, convochato bon numero di ciladini, e per esser in amititia vechia con la Signoria nostra, haveano terminato ratificar ditto laudo, et cussi eri ranno ratificato, presente il ducha, pregando la Signoria vogli far questo medemo. Et il principe rispose saviamente, dicendo la pace bona e l’amititia esser stata sempre con fiorentini, et li havemo ajutati ; et che nui za haveamo ratifica la sententia per il levar di le ofese era ordinato di far, et mandar via le galie nostre erano a Pisa, et a dì 25 di questo si faria eliam levar le zente ; adeo essi oratori rimaseno satisfati. Et poi il principe li pregò doveseno tratar ben pisani, perchè cussi feva la Signoria nostra a le sue terre : et disse di Cividal di Friuli eh’è nostri compagni e non suditi. Poi ditti oratori feno lezer a quel Alexandro Acioli, era vestito di veludo cremesin, sentato apresso nui savij a li hordeni, la lettera di Fiorenza di 9 a hore 4 di note, la qual era ben ditata, et fu tolta per far lezer in pregadi. E da saper alcuni di collegio voleva ra-tifichar la sententia, et sier Marco Sanudo parloe dicendo non bisognava, per esser za fato quando con effeto si obedisse, sichè fo assa’ disputato. MCCCCLXXXXIX, APRILE.