APPENDICE TERZA. 285 Così pure è consuetudine, ormai, che tutti gli Istituti bancari e commerciali assumano emblemi i quali molto spesso sono desunti dagli stemmi storici della città di loro residenza, producendo confusione sulla natura stessa degli istituti che potrebbero essere perciò ritenuti comunali. Tali emblemi, di cui si fa pubblico uso, non sono stati mai riconosciuti od autorizzati dalla Consulta Araldica. Accade ancora che nelle marche di fabbrica vengano spesso raffigurati stemmi veri e proprii, mentre la Consulta Araldica coll’art. 22 del suo Massimario dispose che tale genere di stemmi non debba essere consentito, come insegne gentilizie, per non creare facili confusioni. Spesso stemmi di questa specie vengono autorizzati dal Ministero dell’ Economia Nazionale, ma è ovvio che la concessione non debba essere fatta che su parere della Consulta Araldica. Altro abuso frequentemente rilevato è quello che si verifica nelle tombe e sui prospetti dei palazzi ed edificii pubblici in caso di apposizioni di lapidi commemorative. Gli Uffici Comunali competenti limitano il loro controllo solo alle epigrafi, sotto l’aspetto letterario, e non si interessano degli stemmi di cui vendono ornati e dei titoli e predicati nobiliari che vi sono inseriti. In ossequio, invece, al R. D. 20 marzo 1924, è necessario che in luoghi pubblici non siano attribuiti titoli e predicati nobiliari o elevati stemmi senza che siano prodotti i certificati della Consulta Araldica a prova del possesso legale di essi. Ad ovviare pertanto agl’inconvenienti sopra cen-ìati, si raccomanda agli organi competenti dei Ministeri delle Finanze e dell’ Economia Nazionale, per la parte di loro competenza, ed ai Prefetti del Regno di oler impartire precise disposizioni e istruzioni ai Podestà, ai Commissarii Regii per i Comuni, ai Presidenti Ielle Opere Pie ed a tutti gli Enti, richiamando la rigida osservanza del R. D. 20 marzo 1924, necessaria per togliere un abuso che, mentre offende una prerogativa regia, toma di danno all’ Erario dello Stato poiché dagli Enti si sfugge, colla mancata esecuzione delle prescrizioni di legge in materia, alle tasse disposte pei provvedimenti araldici e nobiliari coi RE. DD. 31 marzo 1921, n. 517, e 30 dicembre 1923, n. 3279.