LEGISLAZIONE NOBILIARE VIGENTE. 47 nobiliare, di vedere in Italia, una volta per sempre, unificato l’ordine successorio, e particolarmente soppresse o, quanto meno, limitate, le successioni femminili ; inquantochè tali successioni portano al lamentevole inconveniente che titoli insigni possono passare a famiglie non decorosamente dotate di un passato nobiliare, con deprezzamento del valore morale dei titoli medesimi, i quali inoltre perderebbero qualsiasi significato storico passando ad ornare cognomi cui non fu mai conferito onore o feudo. II. Se un tempo la diversità delle legislazioni poteva giustificarsi con la reale diversità delle situazioni politiche, oggi, scomparsa quella diversità, la titolatura nobiliare trovasi unificata nel concetto di pura e semplice commemorazione di un lustro passato, come ben suggerisce la Commissione napoletana nella sua ultima memoria. III. I pareri espressi dalle varie Commissioni sono lutti favorevoli alla riforma, se si eccettua quello della Commissione siciliana, della quale tuttavia alcuni componenti hanno finito per emettere ancor essi voto favorevole. La stessa prima relazione della Commissione siciliana è trionfalmente vinta dalle argomentazioni contenute nella replica della Commissione napoletana. IV. Lo studio della questione va portato sulle norme che ressero la successione nobiliare nelle provincie già appartenenti al reame delle Due Sicilie, perchè in esse quasi esclusivamente esisteva il diritto successorio nobiliare femminile. Quivi la feudalità, a traverso i secoli e le varie dinastie, risulta costituita da un continuo sovrapporsi di leggi e di grazie che snaturano il diritto feudale, riducendo il feudo quasi alla condizione di un qualsiasi bene familiare. La deviazione raggiunse il massimo con la prammatica di Giovanna IIa (1418), tanto che i Sovrani che le succedettero ed i feudatari medesimi non tardarono a riconoscere i danni di quella legislazione ed a dimostrare il desiderio di porvi riparo. Così venne la grazia di Filippo II (1595), per la quale fu concesso ai possessori di feudi di escludere le femmine prossimiori, figli e sorelle, e chiamare il maschio che sarebbe succeduto se dette femmine non fossero esistite, seguita dalla prammatica di Carlo VI