30 SILVIO MITIS lunedì del mese. I posuppi, presentata la questione nell’assemblea dei 12 maggio 1693, dimostrano che l’affare è vantaggioso, perchè le messe si pagano 12 soldi l’una, e dando all’interesse quell’importo, la scuola ricaverebbe un utile netto di 14 lire annue. I confratelli votano a favore. Una persona devota lascia alla confraternita del „ Suffragio dei morti “ lire 400, con 1’ obbligo di far dire perpetuis temporibus due messe basse al mese, secondo la sua intenzione. Ora ai posuppi la cosa non si presentava tanto vantaggiosa, perchè a prescindere dal perpetuis temporibus, il numero delle messe era in ogni modo aumentato ed anche il loro prezzo, pagandosi allora (1700) soldi 16 l’una. Per scrupolo di coscienza lasciarono arbitri i confratelli, i quali accettarono il lascito, ancorché 1’ avanzo che ne derivava alla scuola non fosse che di sole annue 4 lire e 16 soldi. Ma come si provvide e si provvede al „ perpetuis temporibus “ ? Oltre il fondaco e le confraternite, altre saggie prescrizioni, d’ordine statutario e governativo, disciplinando il lavoro, aumentavano la produzione e quindi la ricchezza : aveano dunque carattere economico e sociale. Operai, domestici, fantesche, senza giusta causa e licenza del padrone, non potevano abbandonarlo. Chi sviava dai datori di lavoro persone di servizio, o le portava fuori dell’isola, veniva rigorosamente punito; bene accetti invece e dispensati da servitù personale per cinque anni, agricoltori, pastori, artigiani forestieri, pur troppo da qualunque luogo capitassero : e capitavano quasi sempre da regioni slave. Fuggiaschi per debiti potevano ritornare nell’ isola, su garanzia del conte, che avrebbero sodisfatto i creditori. Terreno comunale per Ire anni lasciato incolto, poteva venir lavorato da chiunque. Però la terminazione del conte-capitano Giovanni Marcello, confermata ai 20 luglio 1588 dai sindaci e provveditori Giacomo Zane e Giovanni Michiel, disponeva che coloro i quali godevano terreni comunali doveano chiuderli „ con macerie doppie et sode “, affinchè i venti, gli animali ed i maleintenzionati non le atterrassero. E infine dirò che da un documento del 1451 veniamo a sapere che il governo di San Marco, antecipando i tempi, nella sua alta sapienza politica ed economica, si riteneva proprietario di quelle terre dell’isola di Cherso-Ossero che, per una ragione qualsiasi non erano redditizie, e le donava a quelli che s’obbligavano a trarne un utile.