46 SILVIO MITIS previdente consiglio (5 gennaio 1772) ad unanimità di voti (34 prosperi) chiedeva al vescovo 1’ uso dei latticini durante la quaresima. Ai forestieri era lecito di importare animali nell’ isola, ma siccome tra la cittadinanza s’era introdotto il cattivo uso di vendere carni di nascosto, ciò si proibì severamente, sia perchè le lasse del comune non soffrissero danno, sia per motivi igienici : anzi si ordinò che delle bestie ammalate si dovesse entro tre giorni fare denunzia al rappresentante veneto, . et che nessuna persona, di che grado ouer condition se sia, ardido sia, ouer presuma, per algun modo forma ouer inzegno, vender in beccaria, ouer in altro luogo, alcun animai morboso grosso ouer menudo sotto pena de lire diese de piccoli . . . In sullo scorcio del secolo decimoquinfo una peggiore abitudine era invalsa tra gli abitanti della contea : quella di allevare un’ enorme quantità di maiali. C’era un numero straordinario di persone, ciascuna delle quali possedeva mandre di trenta e più porci. È vero che ciò procurava carni e grassi in quantità ed a mitissimo prezzo, ma con conseguenze gravi per l’igiene, la nettezza pubblica e distruzione de’ terreni coltivati, pascolativi e boschivi. Laonde il conte Francesco Michiel saggiamente ordinava che nessuno potesse tenere più di due majali e tutti gli altri, entro il prossimo carnevale, doveano essere ammazzali, in pena di dieci bisanti. Il Michiel ebbe a comandare che questa sua terminazione „ habbia a durare in infinitum “, e che le venga data pubblicità per tutta l’isola. Noterò che a Cherso tale pubblicità si compì ai 2 dicembre 1480 nella seguente circostanziata e testuale maniera : „ Simon Platearius, super Platea Chersi, dictante et leggente me cancellarius, stridauit et publice proclamauit supra-scriptam terminalionem .... plurima astante populi multitudine “. E la terminazione, non dimentichiamolo, era stesa in volgare, e così la lesse il cancelliere e la comprese il popolo chersino. Un altro decreto del medesimo conte, pubblicato due anni prima, ci conferma che, al finire del quattrocento, italiana era a Cherso la lingua dei bandi. Francesco Michiel avea comandato che, nei soliti modi, fosse data comunicazione al popolo d’un suo decreto, e l’ordine venne eseguito a Cherso ai 14 giugno, come si apprende da queste parole, poste in fondo al decreto stesso, scritto,