ifo DE’ FATTI VENETI il Troue- gli ordini publici, gli erano ftate trafmeffe da’Capi deU’efercito, Tnìgffii fi ritirò nella Terra dell’Abbadia; fece conitruirevn Ponte fra Torre di mezzo, e quella del March eie, per afficuraruifi il paf-faggio ; Ordinò, che doneife fubito effettuarfi il taglio, già cora-meífo dal Senato, per allagar le Campagne, e renderle paludo-fe, ed intranfitabili, e con foife efcauateui, e con erettiui ripari, fperò quiui dentro, conuenientemente fortificato, di poter fai-E-yififor. uare dall'inimico furore il Polefine. Mentre andauano fuccedendo quefti emergenti, arriuarono gli Ambafciatori, già madati dalla República à Cefare; Ma fico-Mafda- me nej tempo, xhe partiron’effi da Venetia, ricercati d alla Mae-xnGnmí ità Sua, fe ne fperò il buon’efito, che già fi diífe, così il cafo fune-fio, poileriormente auuenuto in Pò, ne hauea fatto dubitare affai. Purtroppo anco ne ritrouaronola differenza, fubito principiatoli da loro à negotiare . Variò Maifimiliano con gli accidenti la volontà. Stimata hauendo egli, per la perdita dell’Ar-firVacci0 maia molto indebolita di forze la República, mutò faccia ; Non dentem pò piL\ entrò fàcile,nè dolce nel maneggio,come lo hauea già rappre-7ncefaré: tentato il Bulfardo, Miniftrofuo. Altrettanto fuperbo, esalterò nelle pretenfioni, in vece di andarle con la ragione Hiode-C6 pret^ rando,infofFeribiImente vie più inafprille, Finalmente caduti gli finni molta Ambafciatori da tutte le fperanze, furono corretti di licentiar-into che fi,e di ritornar^Ila Patria con più impegnati,ed efacerbati conci-XXL taméti alla guerra. Così reflituitofi da tutte le partiil tutto fotto la sferza de’ primieri minacciati eccidi;,più non poteafi con la piena ditanti Prencipi inimici intorno, e con gli auuenìmenti di tante piombate difauuenture, che oramai attenderne qualche d’vna, dà cui, per riforgere, non più vi foifero, nè forza d’armi , nè accuratezza d’ingegno. Nel mezzo dunque à così denfe caligini,non potè il Senato,che nuouamenteriuoglier l’occhio colà doue in altri tempi pur fe gli s era à qualche lucidezza aperto. Siriuolfe dinuouo al Pontefici^«. ce, & à Roma, da cui alla fine douea confidare, che trafpiraffe vn reaivapa* raggio di relìgiofa pietà. Vi era ilzelo, viera la giuflitia, che piamente fi douean commuouere ; ma più di ogni altra cofa, vi che teme a era ^ timore deH’immenfa ambitione del Rè di Francia » di pre-potere del dominar l’Italia, già tanto di nuouo ìnualfo nelPanimo di Giù- s fi?1 Fr4' lio; che poteafi oramai fperare vna distillata medicina, ballante à fanarlo dai rancori, che conferuaua per anco infeíteíso contra quella Patria. ContinuaualaMaeilà Sua, oltre alla gran portione del Dominio, per la fiua parteabbondantemente acquiftato ,adafpirar* anco àimpoireiTariìdi quello toccante àMaiTimiliano. Legon- fiaua