? 18 DE FAT TT VENE TI. ì; : Furono anco feguitate quelle lettere dalla fubita rimotioné delle guardie già polle alla moglie, & al figliuolo ; e procuroffi in ‘ - , talguifadi eccitarlo ^contentarlo. ftàlici» Sinaufeaua , e trauagliaua molto in oltreil Senato della par* VriWo, tenza , ch’era già fucceduta dal Milanefe di Lautrech, e dellefer-cito di Francia r II tare, che tutte le proprie forze lo feguitaifero per lafdarildominio in abbandono,ed alia diicrettionedenemi* ci,non era conueniente. Diuiderle, perche le andate,e lerimaite folfero egualmente inhabili, e poche in ogni luogo, nè meno ciò doueaiì per neiTun rifpetto . Più ièmpre aumentauano giornalmente i bifogni>ed i pericoli di Lóbardia. AmmaiTàua in Trento, nel TiroIo,ed in quei propinqui Paefi l’Arciduca Ferdinando có-fiderabili armamenti;ed in vàtaggio del genio, che naturalmente hauea di tétar gran fatti in Italia, maggiorméte veniaui ancor’in-uitato da vna vittoriana lui ottenuta in que’tepi,contra Giouan-ni Vayuoda,PrencipediTranfiluania »perla quale difoccupato-fi da quella parte, e nulla più diuertito, poteua far correre giù de* Monti,à guifa di Torrenti, tutti gli fuoi sforzi. Ma più, e più di tali graui minacce,e pericoli trauagliauano la Republica nelle fue mbba rifohitioni i già dubitati fenice penfieri obliqui del Rè di Francia. minaci Già Lautrech fèrmauafi con l’efercito per anco in Parma;equel, Miti txé- che era peggio, mentre, ch’egli colà fèrmauafi, fi fufurraua, che cuu ferrei amen te fi negotiaiTe la pace trà il Rè medefimo, e l’imperatore. Finalmente non furono bailanti,nè le neceflìtà,nèi pericoli , nè i rifletti, à trattenere il Senato da fpogliar nella parte poflìbile, fe ileifo, più tofto , che deporre l’habito della fua nati-ua bontà. Tolti dal proprio efercito tré mila cinquecento Caual-wnda in li leggieri, mandollià Lautrech in diligenza , per dargli calore, e ' ogni modo forza à muouerfi, & ad incamminarfi toilo verfo Roma. L’altre fiL/orS>. fuemilitie , in numero di quindeci mila Soldati, ordinò, chere-' itaiTèro di qua nella Lombardia . Deliberò di aumentar i Fanti fino à ventimila, ed il tutto fece,per ben guardar, non tanto il fuo, ehel’altrui dominioje per conferuar’, e difendere Francefco Sforza , ch’era già ridotto in iilato di non più poter da feiteiforeg- ° Tra queiti procellofi accidenti inforiè qualche barlume di trattata pace. Negotiauala, come s’è già detto, il Rè di Francia col folo Imperatore . Ora parue, che vi fi foiTe introdotta anche la Republica, e s’erano ventilate in loftanza le feguenti conditioni, ertoli La reftitutione alla Maefià Cbriftianifstmada figliuoli. La liber-di fà del Pontefice . La refiitutione di tutto l'occupato dall’arme Imperiali in que' tempi allaChiefa. La loro v/cita di Roma, e di Lombardia , e'I dominio à Francefco Sforma del Bucata di Milane. Ma