LIBRO DECIMOSESTO. 6^ re di fpogliar l’altrui,ella certamente fi fnudaife d’armi,e di difefa. Tanto in fomma cangiò in abborimento il fuo primo eshibito de-iìderio, che anco i l Senato conuenne perfuaderfene , nè più pen-fare, che alla conferuatione del fuo proprio Stato » Già per pro-uedere ai prefidi; della Prouincia, sera con le militie Italiane raccolte , baflantemente iupplito, onde li cinque mila Tedefchi, come fuperflui, fi licentiarono, ed i Turchi allontanandoti poi dalla Dalmatia, altro dubbio non lafciarono, fe non quello, che la-fcia vn’aperta guerra coVn prepotente nemico . Sidifciolfe frattanto il Conuento di Nizza, fenza più fperan- Comento za di pace trà le due Corone. Le difficoltà, che nel principio in- d¡fcbiS}a forfero, quafi ineflricabili, furono fempre le medefime, efurono quelle, che finalmente Io fecero etiandio diffoluere. Non però così fuanì al Pontefice fenza effetto quel defiderio, chelohaueacolà principalmente condotto. Infinitamente bra-mofo d’innalzar anch’egli la fuá Cafa Farnefe à gran pollo, forti-gli', quiui trouandofi con l’Imperatore,di congiugnere in matrimonio Madama Margherita,figliuola naturale della Maeilà Sua, eh ’era già Yedoua rimafta per la morte di Aleffandro de’Medici, E matri. DucadiFiréze,in Ottauio Farnefe di lui Nipote. Ritornata poi à ™™J0'n Roma la Santità Sua con queflo contento, hauea fpedito fubito à di Corfù il Patriarca,Marco Grimani,Generale della Chiefa,con le Yafguilu iue Galee,ilquale già congiuntofi co la noftra Armata, tutti vniti n-^u di ilauanoanfiofamenteattendendoancora la comparfa della mai 'Patriarca comparfa Spagnuola. Continuauafi pertanto à perdere nell otio TòtìTl™ il tempo,e fopra ogn’altra cofa affliggeua la gelofia di qualche re-condito oggetto nell’intimo di Carlo,non potendo conciliarfi in- Tardanza fieme, fincerità d’animo, e mancanza di debito, in chi può adem- ¿e„uo¿pa* pirlo. Volauanolepromeffe', ma non fi muoueuano le Galee. Stauano i noftri Generali impatientiffimi fra quelle attentioni ; e Barbaroffa accrefceua loro il tormento, trattenendofi per anco à Negroponte > fenza trarfi fuori, e tentare cofa alcuna, con mani* fedi inditi; di vna gran paura. Scriife alla fine Cefàre à Don Ferrante Gonzaga, Vice Rè della Sicilia, che doueffe condurfi fenza ordini di maggior’indugio à Corfù con trenta Galee di Napoli, cinquanta Naui,e tré mila Fanti Spagnuoli, e ne auuisò il Cappello, & il Se-ia-nato,aificurandoli,che vi fi farebbe anche il Doria con tutta l’Armata todo trasferito. Scorgeuano al folito i Senatori, che quelle intentioni, e confidenze veniuano mifleriofamente fporte. Erano per nodrire di fperanza la.Republica, acciòche in tanta tardità di cole non ripigliaífe di nuouo que’negotiati di pace con la Por-ta, che le hauea Carlo già fatti con vane promeífe difciogliere. Vna richieda, che IaMaeftàSua poi fece al Senato, ne rinforzò