432 DE FATTI VENETI la della fua in alter abile lealtà, ogni qual volt a rifolti efs e di abbandonar' il Rè di Francia} quafi che non fofse amica de?li amtci3che ne tempi folamente profperi. Nonricufare, anzj eshibire per tanto ad amendue quelle Aiaeflà di feco volentieri accompagnar fi, fempre > che le auuenga dipoter farlo fenz>a nota del Juo {incero procedere, il quale, per far conofcere anco verfo efse à piena pruoua, offerir fi ogni opera, & impiego fper tenere tarmi Francefi lontane d'Italia; e in qualunque cafo, che non fi potefse ciò infìtllare negli altrui configli, prometter fi, che allora baerebbero le Venete più riguardo ad impedire , che à fo?nentare in Italia le conuulfioni. Mentre, che così rifpondeuafi agli Ambafciatori, capitò à Ve-netia Girolamo Adorno, Configlier Ceiareo, mandatoui da mjtroCefi- Carlo per l'im partenza, che hauea la Maeftà Sua di confederarfi. JJJàyéne' Ripigliò, e rinoiiò egli premurofamente le inftanze ; ma nè meno fopraquefte alterò il Gouernole mifurefue, già deliberate. Perfiiìè nel coniìglio di non fepararfì dalla Francia. Stimaua de-bita ramicitìa cotí quella Corona. Temeua il farfela nemica, efì-senatoi nalmente conofceua, che altro non era lo aprirli in liberi fenfi fo-pra ì cali contingenti dell’auuenire, che vn’indouinata prudenza. Vdiiiifrà tanto ad ingroilarlì molto le militie Spagnuole nella Giara d’Adda, il che inducendo vn giufto fofpetto alla República , ammaifonne anch’ella. A Carlo Imperatore quefti Veneti apparati non piaceuano, dubitandoli à fauor del Rè. Non ita-ua il Rè fenza efitatione,ch’ei non mandando vn Fante mai di qua da’ Monti,e Carlo all’incontro più sepre forte facendofi3non fi ri-folueife il Senato di accompagnarfegli. Tutti perciò rinforza-uanoà gara i loro offici;, chi per guadagnar, chi per conferuarfi l’aifetto; e’I Rè d'Inghilterra , cercando di coftrignere etiandio con le violenze,sera pofto à íiruíciare i Vafcelli, & fudditi Veneti, che colà approdauano. Fra queite agitationi, ed apparecchiati trauagli, già partitodi ìivowfi- Spagna il Pontefice, e arriuato à Nizza , indi giunfeil giorno te giunge à ventinone di Agofto à Roma,incontrato da tutta la Corte^dall’ vniuerfale delIaCittà;vnedo ogn’vno alle proftrate adorationi la marauiglia, in vedere la perfona di vn Pontefie, mai più veduta, nè conofciuta in Italia. Alfunfe il proprio nome di Adriano Se- llo ¿MaduecoièinquelI’ifteiTotempoaccadettero , chefurono interpretate per augurio di non lunga fua felicità . Vna fiera pe-dour m- ftilenza,la quale andò al Tuo ingreifodilatandofi, e trauagliando trala pefte. miièramente R orna per alcuni mefi;E la perdita,che occorfe,pur* in quel tempo, funeita aH’vniueriale di Chriftianità, dellliola di Rodi. * Era queft’Ifola, come in altri luoghi se narrato ancora, poiTe- duta