LIBRO Q.V ARTO. 165 da tutte le parti, commife à publici Rapprefentanti nell’Alba- Et arma. nia , che fermailero al feruigioquel maggior numero di Caualli“^; Turchi,chefoiÌeIoro fortito polIibilmétedihauere;e perche an- *«'• cor l’Armata marittima , tutta ridottali in vn corpo folo, potef-fepiùvigorofamentereiìftere ai bilogni,edaccingerfiopportunamente all’lmprefe, ordinò à Gio.Francefco Polani,che ritro-uandofj con alcune Galee nell’lflria , andaife àChioggia à feco accompagnarli. Aumentandoli in tanto flrepitofamente il fu-furro de’ nemici mouimenti,riuoItòilGrittida’poilidiSoaue, e di Lonigo, più verfo Vicenza l’efercito, allenendoli però di en-trarui, per non incommodarla con gli alloggiamenti, e gli aggra-ui; , che portano feco ineqitabilmente i Soldati. Fù in ogni modo vinto il fuo caritateuole rifpetto dalla fuifceratezza di que’ Cittadini. Molti vfcirono , & andarono à prefentarglili con groffo numero di gente, raccolte tra la Città, & il Contado, ef-ficacemente pregandolo ad entrarui con tutto l’efercito; Nè con- te dcllaCit-tenti meno difoggettare le perfone, eidomicili; à tantidifpen-^f^"’ di;, ed incommodi; nè di rallignare le loro militie alla diipoft-tione del Comandante Supremo Veneto, vollero con generofà, efpontanea contributioneimprontare lalorodiuota fedefopra venti libre d'oro, che mandarono à Venetiain puriffimohumi-liatodono. Non fu minore in que* tempi fteffi nella fua priuata qualità l’olfequio di Zoilo Detrico Zaratino, il quale qui à piedi e azoti» del Prencipeinchinatofi,depofitò anch’egli tutto il contante,che zamL. teneua allora pronto in groifa fomma de’fuoi douitioli haueri. Entrò il Gritti in Vicenza con tutto lefercito, per non ricufa-re la cortefia fuifcerata di que’Cittadini. Ma per non eccedentemente aggrauarla,il feguente giorno partì, e fermo l'alloggiamento à mezza la via,trà quella, e la Città di Padoua in lito, che p^°trà credè opportuno,per poterle prontamente amendue foccorrere Vadouatg in tutti libifogni, chefoprauuenutifoffero; Cosi la trauagliata ,CfnZa' Republica preparauafi àrapprefèntarevnanuoua icena difune-ftiifimi cafi, prouenienti dalle cagioni, e dalle crudeltà medelime degli fcorfì tempi, e ciò, perche douendo riufcire in fine diifimili gli eliti dai fieri oggetti de’ nemici , tanto più folfe per apparire nel merito della fua coftanza affiliente ancor fua l’infinita diui» ^ na Mifericordia. il Fine del Quarto Libro. DE’