649 MDXXI, FEBBRAIO. 650 far, aziò potesse referir a la Signoria. Et cussi visto, si partì. Vene a Ruigo, eternimi in questa terra. Dice in Ferara non si parla di guerra ni hanno alcuna paura. Vene in Colegio l’oralordi Ferara domino Jaco-mo Thebaldo, et fo con lui li Cai; comunictioe alcune cosse zercha ste zen le. Da poi disnar, fo Consejo dì X con Zonta. Slete-no pocho la Zonta, rcslò il Consejo con il Colegio poi semplice. Spazono cerla gratia dì fide, fo di la mujer dii conte Hìronimo Nogarola, voi il legato di la madona: videlicet li oficiali a le Raxon vechie re-spondino, e altre cose. Item, expedito uno monetario non confesso a compir certi mesi in presoli. Fo scrito, per Colegio, al Governador nostro a Milan, atento sier Lunardo Mocenigo e compagni die-no andar a Padoa, però si spazi presto di Milan et ritorni per poter esser con loro a Padoa a veder. 388 A dì 21. La niatina non fo alcuna lettera da conto. Fo ordinato da poi disnar far Colegio di la Signoria e Savii per consultar li capitoli di oratori di Nicosia e Famagosta ; et fati venir sier Donado Mar-zello, fo luogotenente de li, sier Vicenzo Capello, fo capitano a Famagosta, sier Bortolo Contarmi, fo pro-vedador zeneral in Cipro, e sier Francesco Marzello fo consier in Cipri, acciò dicesseno la sua opinion. Vene l’oralor di Ferrara e ave audientia con li Cai di X, Da poi disnar aduncha fo Colegio di la Signoria et Savii. A dì 22. La matina non fo letere da conto, ni altro di novo. Da poi disnar fo Pregadi. Et prima fusse ledo le letere, Fu posto, per li Consieri, atento che per letere dii Podestà di Bergamo dii caso seguito al reverendo Episcopo di Rechanati, fo dato taja per questo Consejo chi acusava havesse 1. 1000 di pizoli, e alento Belino Somogna de Augubio di la compagnia di Antonio di Castello preseno uno de li interfetori, preseno uno Zuane Anlonio dito Rasino di Brianza, qual a Bergamo fo justitialo, et non polendo aver la laja che dando li Savii sora le aque 1. 1000 in termine di zorni 3, possino essi Savii liberar do di bando di le nostre terre per homicidio puro exceplo di questa città nostra, tuttavia havendo la paxe e la carta di quella ut in ea. Et sier Donado da Leze è di Pregadi, andò in renga, atento li Savii sora le aque voleva tuor loro li bandi et dar le 1. 1000 al prelato avisador, dicendo si doveria pagar di contadi et non farlo stentar in questa terra ad aver li soi danari e limitar termine che i ge sia dati, si no darli li ditti do bandi, acciò acressa il cuor a li altri acusari maltatori eie. Et sier Alexandro Lippomano cao di XL, messe a P incontro li sia dà li do bandi al prefato. Et fo lelo una letera di reclori di Bergamo, mandava di qui una lelera mandata per li dilli delinquenti a li fradelli dii vescovo di Rechanati fo morto, dicendo che i solicita contra di loro et se guardino non sarano seguri andar fuora di la terra in le so caxe, e che sono cinque, i qual si chiama castigamati e sono paladini, et la letera è scrita non in Turchia ma qui apresso; con altre parole ridiculose ma da far tremar chi la leze a le minaze fanno. Bor andò la parte, una non sincera, 7 di no, 38 dii Lipomano cao di XL, 13*2 di Consieri; et questa fu presa. Di Roma, di V Orator nostro, di 13. Come ozi fo a palazo, trovò il Papa in Loza, al qual fato reverenda, domandò la indulgenza di P hospedal di Santo Antonio. Disse era contentissimo, farà il breve e lo manderà al procuralor. Poi esso Orator li dimandò di fanti spagnoli. Disse il Papa erano a Lan- 388 * zano e di lì intorno alozali al Tronto, et erano 3000 mal in hordine, et come mandò il Prior di Capua, e uno fiol di domino Zuane Hemanuel orator cesareo di qui a Napoli dal Viceré, dal qual non auto se non bone parole; et che sono stati per doi volle in campo da ditti spagnoli ; avia parlato a li capi, da i qual etiam haveno auto bone parole, et che voleno cs-boni servitori nostri: «sichè volemo darli danari per levarli di le spale nostre ». Esso Orator laudò il voler di Soa Santità ; siehè il Papa dice è pochi che non hanno arme et sono mal in ordine ; bora dice è assà numero, tamen ha mandato per sguizari; sichè questi fanti è zà do mexi che sono apresso il Tronto, e volendo venir contra il Papa hariano zà fato dii mal, e tamen ancora il Papa non ha fato cavalchar il signor Renzo. Et dimandalo al Papa la causa non lo fa cavalchar, dice « perchè el volemo lenir apresso di nui » tamen è avisi di Napoli questi fanti vien a nome dii Papa e cussi quelli smontono a Cosenza, e li sguizari ha mandato a far, licei li danari siano de lì si lìen fin do mexi, non sarano di poter obstar a ditti fanti. Et presto se intenderà, e niun sa qual terminerà questi movimenti, imo tulli diti è ignari. Scrive, è zonto lì a Roma il duca dì Sexa fo Col dii gran capitano Consalvo Fernando con la moglie, vien di Spagna, va in reame nel suo stalo, è sta honoralo. Dii ditto, di 16. Eri fo concistorio, e ozi signatura, dove il Papa è stalo longamente. Pur fo a palazo per intender qual cossa dal Papa, il qual trovò lezeva una grande opera li dele il reverendis-