E non fu a nessuna seconda, Faenza, mirabile vivaio di artisti, Gubbio di Mastrogiorgio, Pesaro di Lanfranco, Casteldurante che ha perduto il nome e la fama, e tutte le altre città italiane che hanno, in nobile gara, per virtù di sommi maestri e di munifici principi, dato alla corona del primato italiano le mirabili gemme dei loro prodotti. Ma voglio al Marchese Ginori e al Richard di Milano, dire una parola di gratitudine, perchè nelle ore più grigie del decadimento essi più degli altri tennero vivo, con costanza lodevole ed alto senso di artistica responsabilità, il buon nome d’Italia. ■i* •$*•!* Oggi che l’arte e l’industria della ceramica, nel duplice aspetto dell’utile e del bello, torna a meritata rinomanza e ne è prova irrefutabile questo riuscito saggio nazionale, vorrei dire un poco del mio pensiero. L’arte è privilegio di pochi, non patrimonio dei molti. L’arte non può essere mediocre. Mi augurerei quindi che il calore industriale che si sente anche nella produzione della ceramica italiana, fosse stemperato con un po’ di arte fresca. Vi sono in Italia esimi rifacitori ed eclettici creatori, c’ è in Italia nella sua stessa natura del fasto cromatico, c’è negli italiani di oggi un’anima fervente. Si può arrivare, volendo.