695 MDXXVII, AGOSTO. 696 via amolinare la genie cosi italiana come alemana ; però sporo in Dio non li valerà più, come hanno fatto le altre vie quale ha tentalo. Suplico vostra excelleritia mi avisa più spesso la non fa, de le cose de là, et de la venula del noslro campo, perchè inimici predicano se sia retiralo. 11 conte Allineo et il cavaliere Birago sino qui si com por tòno bene ; spero in Dio faranno il debito. Date in Alexandria, a li 26 de Avosto 1527. 468') Copia di una lettera del signor Cesare Frego-so condutier nostro, scritta a Carlo T'rì.zier. Narra V acquisto di Zenoa. Magnifico compar honorandissimo. Poiché tanto mi pregale eh’ io vi scriva come è passata la impresa di Genua, io son contento sforzar la mia natura per farvi apiacere. Et però voi intenderete che, quando el Carissimo Pexaro gionse a Lodi, per non sapere dove se atrovava monsignor illustrissimo di Lutreoh. non li parse aviarse con tanta summa de denari, come portava sua signoria, senza farlo intendere a Monsignor sopradilto, • perchè’1 paese et città tutte era a la devution de lo Imperatore, dove se veniva cum gran pericolo. Parse a sua signoria eh’ io venisse io, cum mettermi a risico solamente con 55 cavalli ; et io gli veni volentiera. per essere cossa de imriorlanlia quel ch’io veni ppr far. El da poi gionto da prefalo Monsignor illustrissimo, et fato quanto mi era comesso per lo carissimo Pexaro, mi gli ofersi poi mettere Genua ala devution de la Maestà del re Christia-nissimo con 2000 fanti ; dove sua signoria me rispose che l’era molto contenla de darmi ogni aiuto et favore. Dove, quando Dio volse, astrello soa excellentia dal bisogno et dal scrivere del capilanio Doria‘, et per li aricordi del clarissimo Pexaro, qual bpncognosceva de quanta importantia era Genua, mi èxpedite cum forsi 700 overo 800 fanti, quali era venuti qua per scorta del clarissimo Pexaro et del denaro condutto per sua signoria. Et io ne provisti de allratanli, tutti homini de guerra ; et a li 14 me inviai, et a li 16 agionsi a San Piero d’ Arena un mio et mezo apresso Genua. Ma prima eh’ io gli agiongesse, hebbi nova come inimici haveva rotto 1500 fanti de quelli de l’armala da Portofm, et prexo el conte Filippino Doria. Nè per questo non volsi restar de andar inanzi ; et loro sentendo la (i) La carta 467 • i bianca venuta mia ebbeno quel dubio che de ragion dovevano bavere, sapendo la amicitia che noi havemo in quella lerra. Et il Duce subito gli inviò messi a farli retornare in la terra ; et da questo forno sforzali arbandonare Porlofin et desarmare le sue galere sforzate ; et da questo l’armala nostra le prese poi tutte cum Portflfin. Et fallo questo, dieta nostra armala me veneno a ritrovare a San Pierod’Arena, et stando io a parlamento con quelli signori de la ^68* armata, vene uno araldo for de Genua qual haveva .... monsignor illustrissimo de Lulreoh, et cum lui menava uno gentilhomo qual andava da sua excellentia per nome de quelli che governava a darli parole et longe ; et volse lo araldo eh’ io gli desse la fede non offenderli, se loro prima non co-minziava, perchè cosi loro gli haveva data la fede non offendere noi. Anchora che io eognosceva et il dissi che questa era una baia, pur aziò niuno non potesse mai atrovare seuxa eh’ io fusse slato causa de desordenare l’impresa di Genua, ge la dete, el maxime, vedendo che li capetanii da mar ge la haveva prima data. Et eonlinuamente cresseva el mar et el vento, per modo che ’1 fu sforzato tutte le galere a levarse la notte et andar a Savona. Gli nemici, visto il partir le galere, non vardando a fede che ite havesseno dato, veneno cum doi pezi de artelaria a asallarne, quali non era manco niente de 2400 fanti capati, et fra loro gli era doi bandere de spagnoli che poteva essere da 500. El numero de le bandere era 11. Al primo assalto che feceno, fu a una chiexia che si chiama San Benigno, qual è sul monte, a la qual io haVeva messo dentro doi bandere di fanti ; una di uno capilanio Gotardino, et l’altra de Cesar da Marlinengo, ma la persona sua non li era per essere amatala ; dove li nemici ai primo trailo gli hebeno prexi, et pegio, che da 100 archibusieri ch’io mandava per socorerli el per vedere in effeelo che gente era questa per sapermi governare, tutti se ¡scontrò in li nemici et forno presi, feriti et morii. Pur hebbi aviso da li mei homeni d’arme, che era gente grossa, et me ne fece certo l’artelaria che loro comenzorno a tirare ; el visto questo, io missi in ordene la baiaria et P archibuxaria a li soi lochi, el delti commission a tulli li archibuxeri che niuno non dovesse trare perfino che li nemici non fusse apresso apresso, perchè io haveva deliberato che non voleva che falisseno. El questo feci per farli scargare lutti in una volta, per potere poi subilo asaltarli, cogno scendo io che ’1 star saldo mi dava perso per P artelaria de nemici et per essere più che ’1 dopio assai