215 MDXXVII, MAGGIO. 216 dusse in castello; nel qual castello, per quanto mi disse il giorno avanti Sua Santità, non mi par vi siano quelle debite provisioni doveriano esser. Introrno poi inimici nella ciltà per Trastevere et tutta la presero, et giorni otto continui l’anno sachizata, facendo pregioni, amazando et brusando, et de-mum usando tutte quelle crudeltà che far si pon-no, non perdonando a chiesie nè monasteri, nè a sexo, né a nation alcuna, havendo li spagnoli stessi sachizato lo ambassator di Portogallo et il secretano dell’ Imperatore, dando taglia a doi o tre case de cardinali che sono della parte imperiale, zoè la Valle, Siena, Cesarino et Inchfort, quali da pò sono sta sachizati da li lanzinech. La effusione del sangue et la moltitudine dei morii è siala infinita ; il saco quale mai fusse de altra cittade ; li pregioni doi et tre volte ridata. Io non credo, Principe Serenissimo, che in lo excidio di 139 Ilierusalem si potesse più fare. Alla defensione di quella città non si hanno trovato più fanti 3000 pagati, et il povero popolo, qual ha faclo il dover; ma come inexperto et veduta la fuga de li cape-tanei, li quali come inten lo furono li primi a re-tirarse, se pose a fugire, "et sono morti, della nobiltà romana et di esso popul.o da 3 in 4000. Io, partendo quella matina a bon hora insieme con l’am-basator del duca di Urbino, clarissimo missier Hi-ronimo Lippomano et reverendo don Jacomo Co-co cum li mei secretari per andar a palazo, ebbi nova da alcuni romani che fugivano come li inimici già intravano in la ciltà, unde parve _a noi, per non capitare in le mano loro redursi al palazo della illustre marchesana di Mantoa, dove già ne erano fugiti molti gentilomeni romani cum le lor famiglie. Et miratevi dentro, mi apresentài a Sua Excellentia, pregandola fusse contenta io me salvasse li cum quelli altri signori. Et immediate sopragiunto lo exercito cesareo, fui dimandalo per pregione dal conte Alexandro da Nuvolara, qual insieme con uno capitanio spagnolo nominato don Alonso di Corduba, hawea tolto a perseverar quella casa cum uno taglione però de ducati 40 milia. li quale conte Alexandro disse volersi a questo modo cum la mia taglia ristorare del danno li havea fatto le gente di Vostra Serenità in uno suo castello di là da Po in rezana. Et fattomi intender il meglio mio esser darmi a lui che expeclar che quel capitanio ispano mi dimandasse, mi contentai esser suo pregione cum quella taglia che parerà alla Excellentia di Madama, allegando però che inconsueto esser che ambassator alcuno in ognij caso sia mai stato facto pregione. Da poi entrato il signor Ferante fratello de lo illustrissimo signor marchese di Mantoa, mi mandò a visitare per il suo locotenenle, et dirmi come quel capitanio spagnolo et il resto de li capetanei de lo exercito haveano procurato che io fusse in le mano loro essendo persona di la qual a beneficio delia Maestà Cesarea se ne haveriano posSuto per intelli-genfia delle natione pubblice servire ; ma che nè lui, né esso conte Alexandro, per la reverenlia portano a Vostra Serenità, mai 1’ havevano voluto consentire, essendo certissimi che me haveriano mandato in Spagna a lo Imperatore. Da poi, per didi spagnoli et maxime, per esso don Alonso più fiate sono stà offerti al dicto conte Alexandro, presenti molti de li nostri, che me lo hanno ref- 140 ferito, ducati 5000 d’oro se lui mi desse in le sue mane per volermi amazare et sevire crudelissimamente la persona mia ; al che anche esso Conte mai ha voluto sentire, «xortandomi a tor taglia ducati 5000. Il che non volendo io fare, et havendo lui a menarmi cum li sui pregioni dove harìa finita la vita mia in pochissimi giorni, atrovandomi mal conditionato come sono, alla fine per intercessione di esso signor Ferrante et illustrissima Marchesana sua madre, esso conte Alexandro si ha contentato che, promettendo la dieta madama de presentarmi a Mantoa a Novolara dove a lui parerà in pregiorie sotto obbligatione di pagarli lei ducati 5000 d’oro in oro non mi apresentando, me ne habbi andar cum Sua Excellentia a didi lochi, dove poi parlerà della taglia mi ha a dare. Et io cosi, falla la promessa per Sua Excellentia, de mia mano ho facta la medesima obligatione a . lei, de la qual invero non ho se non laudarmi. Et scortomi esso Conte fora di Roma hoggi 8 giorni insieme cum alcuni nostri gentilomeni et prelati cum prefata Madama venissemo a Flostia, cum la intentione di montar sopra una delle galle di Vostra Serenità o del magnifico Doria et venir qui a Civitavechia. Ma essendovi sialo giorni sei per il tempo contrario, dicendo Soa Excellentia heri volersi imbarcare per de qui, temendo il star suo li non esser più securo, mi parse cum el clarissimo missier Marco Grimani el procuralor, reverendi monsignor Coro et Bono et li mei secretari venir manzi. Et cosi heri sera giongessemo de qui, nè fino hora di Sua Excellentia sapemo cosa alcuna. Io, Serenissimo Principe, me ne andarò, secondo la promission fatta, ad uno de li lochi prenominati, pregando Vostra Serenità che in recoin-