417 UDXXV1I, GIUGNO. 418 vario lì, li haria portato il suo capello, quale nostro Signore li manderà come sapia dove mandarlo. Che monsignor di Ancona era partito per Apiezzo a far dinari per il resto del pagamento del capello, et portarli a spagnoli aconto di Nostro Signore. Che in castello, fra danari di Nostro Signore et argenti insieme con le cose sacre, et finalmente fra il tutto potea ascendere da 80 in 90 rnilia ducati di valuta, et niente più, et che non si ragionava di altro, niente de altre persone, che delli danari di Gri. mani, di quali non sa che ne sia. Che tutti li beneficii si conferiscono a spagnoli, et maxime quelli sotto il ducato di Milano. Che in castello non era da viver più che 40 zorni, dal dì che fu fallo l’acordo. Che ussiva et entrava chi voleva di castello deli deputali, et chi vole esce et entra in Roma. Che Nostro Signore ha fatto intender non voler stare in castello, se spagnoli hanno a praticare di sopra ove è la persona sua et reverendissimi cardinali, per tema di non apeslare. Che si stima il vogliano lassare in castello con quella guardia delli 3000 fanti alla custodia di Roma. Che quando missier Saporito andò al campo, con commissione et comandamento a quelli capitani erano per nome di Sua Santità a quella impresa, che volesseno spinger et cavalcare con tutte le loro forze alla volta di Roma alla sua liberatine, quando bene non fusseno seguitali dal resto di lo exercilo di la liga et che dovesseno esser certi di morire, moris-seno volentiere per così fatta et honorevol impresa, che tutti consultorno di obedire, et che chiedeleno aiuto deli cavali legieri alla excellentia del signor Duca et al signor Proveditor, et che risposeno non voler fare; per il che n’è sequito poi la non andata loro come voleano et hariano fato. Che Nostro Signore non ha mostrato verun dolore de la perdita di Firenze se non hora, parendoli habbino voluto troppo, perchè si tiene fusse fatta quella novità di suo consentimento, benché zio non vengi creduto da molti. Che il dì avanti Sua Santità aspetasse lo exercilo nemico, mandò un capitano suo a far tagliare li ponti di quel fiume haveano a passare li inimici, con questo però che ordinasse qualche punto a postero di tavole o di altre cose, che tal tagliata no-cesse a nimici et non allo exercilo suo ove che gli arrivasse potesse passare ; il che fu fatto si saviamente per questo executore, che ogni cosa gettò in fiume et non lassò veruna provisione per il soccor-/ Diarii di M. Sanuto. — Tom. XL V. so, qual gionse, zioè il conte Guido, poco dopo, che non potè passare, che certo liberava Sua Santità, et forse anco Roma anchorcho nemici fusseno entrali. Che Nostro Signore ha sempre creduto al Viceré, et prestala tanta fede come se egli fusse stato un Dio, et che questo è stato la ruina di tutta questa impresa et di Roma. Che monsignor Datario non si sentiva mollo bene, et che monsignor Felice sta bene. Che Nostro Signore tempestò continuamente che si tagliasseno i ponti ; ma che il signor Renzo per conto delle caxe che sono in Transtevere non li volse prestare orechie mai, dicendo che se inimici entravano mai in Roma, volea Sua Sanlità li facesse tagliare la lesta. Che come lanzchenech barano havule le page . partivano di Roma, che si batteva a furia a questa posta, et si sollicilava anca il danaro da Nostro Signore, et che mioaziano di far peggio. Che non entrano lanzchenech in castello se non a dieci et quìndeci al più per muda, et escono el entrano tutto il dì, el quelli che vengono una volta non vengono nè entrano l’altra, che si conoscono alli habiti et vestilo. Che tulli li soldati inimici che si sono ritrovati al saclio di Roma, cosi lanzchenech, cosi, spagnoli come italiani, né più un de l’altro, né meglio nè 276* peggio, ne meno hanno sachegiato a un modo, talmente che non si può incolpare più l’un die l’altro di loro. Che si tiene ad ogni modo che Nostro Signore habbi a restare in Roma. Che del venir dillo Imperatore per hora a Roma, non si parla cosa alcuna. Che tulli quelli altri reverendissimi cardinali de fuori, come ho ditto del reverendissimo Farnese, Monte et Triulzi, che hanno sempre monslrato gran* dissimo animo el speranza, da paura hanno sempre battuto Nostro Signore a pigliare Io apunfamento. Che quelli signori a chi è stala data la cura di custodire quelli reverendissimi signori cardinali che sono in Roma sachegiali, non volseno ditti cardinali iiHervenisseno alla restilulione del Cardinal Colonna, come non sono intervenuti. Dice, che al corpo di Borbone ardeno continuamente dodici dopieri cosi el di come la notte, intorno al qual anco cantano continuamente salmi dodeci preti, che sono ben pagati. Et questo dal dì che fu posto nella espella del Papa, quale hanno apparata di quelle riche et più belle tapezarie di Nostro Signore. Baver cominciato et durato anchora. 27