G37 MDXXX, FEBBRAIO. 63S simo ordine, che fu bela cosa da veder, si levò da la piaza, et per due diverse vie andò a le sue poste. Era la sala fornita de’ belissimi razi, che furono posti a la publica nostra audientia che ci de’ Sua Maestà, et in capo quel moderno losselo over capizuolo, sopra un tribunale, in testa, solo il quale era preparata la sua tavola ; et da una banda per certo spalio zo » del tribunale una tavola per li principi che haveano portalo le insegne, et a l’incontro una tavolela de la credenza di Sua Maesfà con alcuni pochi belfssi-rni vasi d’ oro forniti alcuni di bele zogie, tra i qual ve n’ era uno belissimo de agatha et uno di cristalo cavato, forniti d’oro et di zoglie. Come Sua Maestà fu giunta sul tribunale, si voltò co le spale a la tavola, et levò la sua spada de mano al duca de Ur-bincf nuda, et fece una frota di queli signori et baroni cavalieri, che tuli coreano con grande alegreza a tarsi. Et «trovandomi lì per sorte de rimpeto fui spento da dui o tre di quei signori per farmi andar aneli’ io solo ; et hebi che fare a caziarmi nel loco di uno di quei che vi andò, che era molto grande di persona, et sgombrai, che era impossibile chi li era apresso astenersene. Da poi Sua Maestà intrò ne la camera, che la porta era lì apresso la tavola, et stato alquanto a riposo venne a tavola senza el manto, con una vestela di tela d’oro cremesina a manege slrete, el il duca di Urbino li dele l’aqua a le man, il qual, con li altri, erano stali in camera con Sua Maestà, et haveano deposlo !ì le insegne ; el duca di Savoia li dete la servieta overo tovaglia. Et seuta-tosi, fo dato su la piaza a bulino uno manzo intero arosto, pieno di un castralo intiero con diversi altri animali pur intieri dentro ; il qual fu sparlilo con le spade et le dage, et fo gitalo una infinità di pane. Et era questa festa, soto il primo de li volti del pala») nuovo, in cima de lì quali erano dui leoni dorali che gilavano per la boca vino; et solo era la cosina del manzo. Et qui si vide belissima furia ; et fu alcuni lanzinech providi che erano corsi con bocali in zima di le piche soto a la boca de leoni, et niente se ne servivano imperciochè la furia et calca li feva spandere il vino sul capo a li altri. Et di questo spasso Sua Maestà ne gustò un poco, per esser la tavola sua per mezo ad una feneslra che gli vedea. Et poi al pranso li fu portalo le vivande a lei per luti li principal baroni et signori con quele bele veste ; et principiata a mangiare, queli signori di le insegne discesero a la sua tavola sopra la qual furono portali, del medesimo piato, li piali, per una copia di signori ut supra vestili, li quali asselati, usciti il gran maeslro col reslo de li baroni et si- gnori, andono in una sala per mezo a questa et più grande, dove erano preparale due gran tavole et una bela credenziera, le qual furono sì ben fornite di principi et signori, et così folli el spessi, ch’io mi credo non fusseno men di cento. Et anche questi furono servili del medesimo piato de l’imperador in questo modo, zioè che quelo si levava da la cocina per lo imperator si levava anco per queste altre la- _joq vole, et con quel medesimo ordine : gli fu belisima roba. Nè vedesseino luto el hancheto, dubitando el dovesse esser molto lungo, perchè 21 bora era quando uscisseino di chiesia el 23 quando Sua Mae • stà entrò in palazo ; el le lorze a para tè sopra li forzieri ce l'eceno dubitare di molta note. Pur era poco più di un bora di noie quando si levorono da tavola ; el l’ìmperalor certo è mollo modesto, el così anco ne la quintili di le bandisone. Noi habiamo goduto di questo bancheto la parie nostra, ché terzo giorno ci mandò il suo maeslro di casa a donare un avelo carco di salvalieine fra ì quali v’ era un bel cingiate ; et a le do bore di note vene il messo con un par de pavoni, dimandando perdono di haverseli la matina scordati. Venuti a casa trovasseino la faza’di essa ornala di una belisima luminaria a la foza si fa il venere santo, per me ordinala in honore di lai incoronalione, el un belissimo foco di molle Passine el bole vechie sopra questa nostra piaza con piflari che sonavano benissimo, el li nostri slaficri con molti altri servitori et femene mascherale baiando d’intorno. Et così è fata la coronatone di Carlo quinto imperatore da Clemente VII pontifico. Et Carlo quarto imperatore , fu coronato da Clemente VI ponlifice. Elè adimpila la profetia di questi bolognesi, quale diceva : « Et Bononiae coronabitur, et posteci erit civitas imperiatisi. Questo si vedrà poi. Ilozi si ha haulo la licentia dal ponlifice, et non si ha potuto haverla da P imperatore per la sua slraca ; ma dimane la si bavera, et domenega, a Dio piacendo, si partiremo de qui, et faremo le Ire feste di carnevale in bur-chiclo eie. • Questo è il modo vene il pontifice in chiesa di 43 m San Petronio, a li 25 di febraro 1529, a far la incoronalione a lo imperatore, visto per altri che ha scritto. A li 24 la malina vene il ponlifice in chiesia di San Petronio per il palco. Prima 12 palafrenieri (1) La carta 430* è bianca,