651 UDXXX, FEBBRAIO. 652 l’altro per mano, ragionando se la rideano con gran consolation de tulli due, et tanto più a Clemente VII, 436* perchè Clemente VI incoronò Carlo IV el questo ha incoronalo Carlo V. Et drielo la ombrela venivano li archiepiscopi et altri episcopi, prelati el gran mae*-stri, tuli vestili in pontificai con li sui capeli in capo, di grado in grado che era bela cosa a veder. Se aviorno cussi verso una banda de la piaza, et an-dorono a referir in Strà mazor a la torre di Asineli, et per quela strada tirano per insino a la chiesa di Servi, et li voltorono un altra strada che non li so la nome, et veneno ad referir in strà San Stefano, et di strà San Stefano in le Chiavadure, dove a meza la strada il papa, l’imperalor, cardinali et altri se fermorono, el il papa alora tolse licentia da Sua Maestà con molte cerimonie, qual non pulì veder per la multitudine de la genie. Pur l’un da l’allro tolsero licentia, et l’imperalor se ne andò a la volta di San Domenego per la strada drita, acompagnalo da queli soi et da altri prelati el oratori. Et il papa insieme con li reverendissimi cardinali et non altri se ne ritornò a palazo, dove gionto, trovò il signor Antonio da Leyva in ordinanza con le gente che aspectava Cesare, et cussi Sua Santità fu acompa-guata da li reverendissimi per insino a le scale, et poi tuli li reverendissimi se ne andorono chi in quà chi in là a le caxe loro. El 1’ hora era tarda et ha-vevimo grande apetito. Era belissima cosa ad veder queli tanti aparali fati per quele strade di la cita el lanle donne bene ornale, ma pochissime di belle a dirvi el vero, perchè non vidi mai più brulé done in terra d’Italia, et li più belli gioveni ma benissimo el ricamente in ordine. Questo perchè prima erano richi assai competentemente, hora son fati richissimi per esservi stato le corte, il papa el lo imperatore, duchi, prin- cipi, marchesi, conti et altri signori, che ci han lassalo un pozo d’ oro, talmente che Bologna, per molli et molli anni non sarà più povera, imo la più rica terra de Italia. Et questo etiam è per diio de altri. L’imperatore, come ho dito, se ne andò poi a la volta de San Domenico. Quelo facesse lì non lo scrivo perchè non lo vidi, et era più de bore 21 iu 22 ; ma ho inteso furon fate alcune' cerimonie, et poi Sua Maestà per la strada de San Mamolo, che vien ad referir in piaza, più presto che potè se ne tornò a palazo, per esser Phora tarda et haver smaltito la colatione. Gionto che fu Sua Maestà a palazo li trovò uno belissimo aparalo per il pranzo, et Sua Maestà si pose solo ad una tavola, et il signor duca di Savoia, duca di Baviera, duca de Urbino, marchese di Mon-feralo stavano in quela medema stantia ad un altra tàvola tuli insieme mangiando ; et molti prelati et signori erano in una altra sala etiam loro a tavola, et quando Sua Maestà mangiava cussi tuli li altri 437 mangiavano. Et levati li piali di tavola de Soa Maestà et de li quatro signori, vodavano, a pialo per piito, di piali d’argento in queli de lerra, et poi quela roba butavano per le fenestre sopra la piaza. Et el simel faceva de li fiaschi de vino votandoli. A questo modo finì el pranzo, qual fu molto lauto, con diversi soni et musiche. Finito che hebbe, Sua Maestà se levò in piedi, portalo via però prima la mensa, et cazò mano a la spada, et tuli queli che vol-seno farsi cavalieri se ingenochiò, et Sua Maestà li dava di la spada piano sopra il capo ; et a quel modo erano fati cavalieri. Et ne fono fati molli; ma poi bisognano che provi la nobilitade el che pigliano le patente basciando el manipulo. Nè allro so che dirvi de questa coronatione.