353 MDXXIX, DICEMBRE. 354 tamburi posti a lo arcione de la sella che si battono con due grosselle mazzuole l’una per mano. Eravi poi trombeti assai et pitturi di ogni sorte che precedevano, et similmente staffieri vestiti di seta con la medesima livrea de colóri, con fasci de canne in man per loro patroni quando le chieggono, et pagi sopra altri ginetti per suplire a li stanchi quando bisogna. L’altra schiera era eondulta dal marchese di Moya de numero non ineguale et de leggiadria, ma non tanto sumptuosa, benché la livrea loro non fusse in altro differente se non che li manti erano negri et le targe coperte di colori giallo, bianco, negro et bigio ; et havevano questo solo de più, che in la lor compagnia erano da circa 1G vestiti a la stratiola, pur de li medemi colori, con finti capelli bianchi a la greca, et con lanze et banderole, che furon i primi a l’intrar de la piaza, che corseno a due a due che par che volino, et son tanto ben abituali che ne la maggior loro velocità, quantunque volte il cava-lier vuol, si fermano, et ricorrono o rivoltano come a lor piace, il che certo è bello a veder. Venuto adunque primo il marchese di Moia con li sui correndo da la via de le Chiavalure a la piaza fino al palazo dove era lo imperalor publice ad una finestra supra la ringhiera de l’appartamento del conte de Nassao con un panno de brocalo ricio et un cuscino sopra posto, comparsero legiadramente, con plauso et meraviglia de li spectatori, poco da poi da l’altra parte de la piaza, dove son gfi orefici, gli altri due più galanti marchesi, copia veramente degna di honor et laude, perciù che ognun di loro aspira a la alleza di la gloria con magnanimi facti et dispositione maravigliosa et con la più dal mondo estimata larghissima munifieentia. Questi tenero un poco più il popolo in expeelatione, perchè da poi li taballi et le trombe et piffari et altri che facevan far largo, et cader mullitudine grande di cavalli et a piedi che erano in piaza per veder, tandem venero primi et al paro, non correndo ma quasi volando, con un grido moresco et con le lor bele ginette impugnate come se volessero tirarle, et traversata la piaza quasi in un bater d’ochio furon sotto la finestra de l’imperator et là si fermaro cum due bellissimi cavali che par che danzino a cenni di man de chi li cavalca, et apresso dui altri col medesimo modo et così fin che corsero tutti con tal tempo et ordine che a chi non li numerò parsero più di 100. Et chi di loro voltava più volte la gianetta corendo, et chi in altro modo mostrava di voler ferire, in modo che fu gratissima vista ad riguardanti, ma non ad quelli che caderono. Di arii di M, Sanuto, — Tom. Lll, Dopo questo si posero in ordinanza il marchese de Moia dal lato de la via donde entrò in piaza, et ti dui oppositi da l’altra sotto la finestra de l’imperalor, et poste giù le gianette et pigliale canne in loro luoco, duo di loro, come andassero ad sfidar et romper guerra agli adversari, corsero et liraro due canne, et rifuggendo, gli altri li seguirono fino apresso a li loro, et similmente rilornorno seguitati et lanciati da canno, le quali o loro davano ne le targhe, che fugendo subito si ponevano adietro per riparo, overo passavano et percotevano gli altri, o pur andavano in aria sì alte che non offendevano persona per ciò che quelli che di bracio si sentivan poderosi spesse volte non ad l’aversario ma in allo girandole facevan Iracti meravigliosi el che davano da gridare et exlamaré al populo che mirava, et benché molli ne fussero che passorono le altissime case di la piaza et ehiesia di San Petronio el palazo et torre de le ore, non di meno una ve ne fu che mai parve più veloce et possente di tulle, perciò che un, confidandosi nel suo bracio, da la milà de la piaza 543* tirò verso lo imperator, et fu dubitato che non li desse, ma tanta fu la forza del volar de la canna che passò sopra il letto del palazo et andò a cader più in dentro che a la mitade, cosa incredibile a chi non P havesse veduta. In fine io non so come altramente vi descriver et rapresenlar questo gioco, perchè lo vediate in una lettera così come noi Pabiamo visto con gli occhi, se non dirvi che gli è stàio el più belo, il più leggiadro, altilato, copioso el pomposo che sia stato mai facto altra volta in Italia, perchè quantunque si habbi visto per lo passalo assai volle in Roma, in Napoli et in altre parte, non furon però mai tanti cavalieri spagnoli uniti, nè tanti cavali alti a ciò, e guarnitioni et altre cose proprie, che son stale quivi non altrimenti che in la medesima Spagna. Non dirò che fussero li spedatoci perché saria cosa quasi infinita, ma vostra signoria pò pensar che di quant’ huomini et done si stima son in Bologna pochi restaro di non venir a veder tal gioco, et le scale di’San Petronio et le finestre tutte et le baltresche et catafalchi et porti-cali et tetti da ogni parte et . anche la medesima piaza furon sì pieni, che apena li giocatori hebbero luoco dove correr. Solo il papa siete a la sua gelosia del palazo che non fu visto, ma cardinali, et altri signori et prelati furono innumeri a le finestre, et alcuni per meglio veder facti mascara per la piaza ad cavalo. Durò el guereggiar de li cavalieri cerca meza bora, et da poi il tirar canne in alto et ad donne a le finestre, et correr da tutte 4 parti 83