261 MDXXIX, NOVEMBRE. 262 arzieri con la cilata a la borgognona et li sagloni sopra le arme, de li quali il corpo era rosso et le falde giale et turchine et li astoni de li sagioni turchini. Apresso di le qual venivano circa ‘200 homeni d’arme di la guardia de l’imperator, et da poi loro li paggi di Soa Maestà numero 24, sopra bellissimi cavali, vestiti di veluto giallo o scuro con le bande pur di veluto griso et violilo. Tulti, secondo si diceva, erano figlioli de principi et signori, quali a uno a uno, discosti in longeza di uno cavalo 1’ uno da l’allro, seguitavano le prime ordinanze ; apresso di loro cavalcavano qualro gentilhomeni di queli Grandi, benissimo in ordine, di quali non mi ricordo il nome, quali in mezzo loro havevano uno, qual haveva vestilo un habilo in modo di una tunicella di diacono de brocato d’oro ricio et nel pelo havea l’aquila imperiai et ne la schiena le arme di Austria, et sopra una lanzela portava uno stendardo picolo d’ oro rica- 181 malo di pietre preziose, in effelo belissimo, in mezo del qual erano due mano in fede. Un poco apresso seguitavano certi a piedi, et credo fusseno lanzechineti, con le cappe a la borgognona di panno giallo con le bande grise et violele di veluto, el da poi loro li slafieri di Soa Maestà in giuppone, et da poi un altro benissimo in ordine a cavallo, con una spada nuda avanti in mano. Da poi vene la Cesarea Maestà, tulla armata, sopra uno ferocissimo cavallo bianco, luto bardalo coperlo di brocalo rizio con la sopravesla del medesimo ; veniva da poi con un viso mollo aliegro, et de sopra le barde di esso cavallo haveva per impresa una fede, zioè doe mane conzonle come quella era sopra il stendardeto piccolo che se li portava poco manzi, et la sopra veste li alraver-sava da la spalla sinistra insino solo al fianco drilo di sorte che luto il brazio drilo et la spala insino a mezo il pello et ineza schena reslavano scoperti, che altro non si vedevano excelo che le armalure •bianche senza oro nè altro lavoro. In testa Soa Maestà non haveva altro che una berelina di ve-lulo negro schietto senza cosa alcuna, el in mano una bachetina bianca. Sequitavano poi ad Soa Maestà uno numero grande di signori, principi et prelati, tanto italiani quanto de li venuti di Spagna con Soa Maestà, che furono il conte di Naxao et marchese di Cenele maggior eamcriero di Soa Maestà, monsignor de Ru maggiordomo, il marchese de Astorga, el marchese de Brandehurg, il conte di Saldagna, il conte di Aguilar, il conte di Foentes, il signor Andrea Doria, il comendaloro mnggiore di Leone, il comendalore maggióre di Calatrava, don Diego di Mendoza, don Luigi da la Jerda, don Petro de Corduba, conte di Rebia fra-, dello del duca di Sessa, don Jacobo de Zuniga capilanio di la guardia, un figliolo primogenito del conle di Causare et un altro del conte di Valentia. Li prelati di Spagna erano, don Georgio de Austria vescovo brisinense zio de l’imperator, il vescovo di Burgos, il vescovo di Osma confessor di Soa Maestà, l’arcivescovo di Bari, il vescovo di Palentia, il vescovo di Coria, il vescovo di Rui et certi altri do quali non ho inteso il nome. Signori italiani erano, il signor marchese de (81* Monferà giovene di anni 16, il duca Alesandro nipote di Nostro Signor, il conle Piero Belgoioso, il conle Filippo Tornielo, il signor di Desana, il signor Luigi di Gonzaga, conle Claudio Rangone, conle Ludovico Rangone, il signor Pietro Lura Flisco, il signor Valerio Ursino, il signor Alexan-dro di Palestrma, il signor Canino da Gonzaga, et molti altri maxime napoletani, quali si lassano per non ricordarmi più avanti. Et tulli li sopradilli signori si sforzorono de sfogiare et farsi veder ; apresso a li quali a ponto sequivano circa 250 homeni d’arme richamenle adornali, et altratanti cavalli et fantarie in ordinanza, quanto le prime che ho diio che precedevano Cesare, esceto che non ce era la arlellaria nè quelli cavali de la soa guardia; et in lai ordinanza Soa Maestà passò il ponte predilo di Rheno, et passo passo gionse ad uno loco diio le Fornaze, dove si erano fermali li cardinali ad aspelar Soa Maestà, et quando fu aprosimala Soa Maestà ad essi signori cardinali si fermò, et li cardinali alora ad uno ad uno feceno reverenlia ad Soa Maeslà, la quale li salutò ancora lei ad uno ad uno, sempre con la bareta in mano, de grado in grado, secondo che essi facevano riverenlia ad Soa Maestà, qual apresso di lei haveva don Lodovico di Praet che era suo ambasciator in Roma, il qual diceva pian piano il nome di essi cardinali. Et Soa Maeslà a chi più a chi manco faceva carcze secondo era informata del stalo et condition loro. Hor fale queslo cerimonie, l’imperator si inviò verso un monaslerio di frali de la Ceriosa, fuor di strada a man dritta venendo da Modena a Bologna, et discosto da la città circa un miglio, di compagnia di essi signori cardinali, dove gionlo, Soa Maeslà si fermò el restò lì quella notte, et essi cardinali fale le loro belle parole se ne ritornorono a Bo-