MDXXVII, MAGGIO 228 ranza de potersi salvar in castello, se callo giù da Belveder in certe vigne insieme cum un suo fa-meglio che da quella parte de prati erano et cavalli de nemici, et tutti due andorono de vigna in vigna un poco discosto de la terra, et quivi si acquietorno et sleleno per due giorni, et fece che’l garzone se mise una banda rossa, et andava in Borgo a comprar da viver et portava al luogo dove era messer Paulo. Et come fu quietato il furor de nemici, ritornorono tutti due nella città in giuppone alla soldata come si trovorono, et ne sono stati alcuni giorni, et dopo se partirno et venero alla pedona sino ad Orvieto, Così habbiamo noi adviso che fece. Le forteze de Pisa et de Ligorno sono ancora a devotione de’ Medici, et dicono non le voler consegnar senza contrassegno del Papa ; ma il deferir è per veder l’exito delle cose del castello di Roma. Et questi Signor fiorentini non vogliono patir questa cosa, et tanto più che’l Cardinal Cortona havea mandato 40 fanti a Pisa con certe vitualie che in-trasseno in citadella, et ne sono stati presi 32, 2 morti et 6 fugiti per le genti di Pisa, in modo che si sono sdegnati ; et doveano mandar danari in campo per pagar le gente, et hanno soprastalo et soprastano di mandarli per rispetto di non haver queste fortezze; che é malissima materia. Ad ogni modo, credo che farano questi Medici rubelli et confischerano i loro beni, et si bene non havesseno fatto queste dimonstration di queste forteze, io penso che haveriano fatto il medesimo ancora che li havesseno promesso nela mutalion del governo di lassarli goder il suo et che potesseno star a loro piacere come li altri privati citadiui, perchè nel far de li Consegli di questo novo governo, sono stati fatti tutti homeni exosi al stato di Medici. Il Cardinal Egidio havea latto dalla Marca et di Spoleti zercha 4000 boni fanti, et era venuto inanzi havendo fatto intender al signor Ducha che si servisse de dicti fanti a suo piacere, et che Sua Excel-lentia li havea risposo che se spingeseno inanzi da quella banda di là dal Tevere et se acostasseno a Roma per molestarli da quella parte, perché l'aria * trovar barche che fosseno pronte che m ogni caso potesseno passar, et ridursi in campo. Et così erano venuti sino a Monterotondo 20 milia apresso Roma, et si apressavanò tuttavia più a Roma. De li exerciti sono lettere di 25, che erano a l’Isola 7 milia lontano di Roma, et che erano stali li capelanei a veder il alog'amento presso alla vigna del Papa zoè alla croce di Montemare dove vole- vano andar ad aloziarvi. Che Dio li presti bona-gratia di poter socorer quel benedetto castello. Copia di una lettera scritta del campo de V Isola, adì 26 Mazo 1527, per Raynaldo Garambais parmesano. La venuta di questi exerciti fin qui ha fatto po-cho utile a Nostro Signor,et manco lo farano andando più differendo, perchè li cresserà ognora più difì-cultade. Et invero, da poi che noi senio stati qua, s’è visto esserli molle difìcullade di poterli andare a sponlare li nemici del forte loro. Et sopra di questo s’è fatto molti consulti, tamen s’è deliberato che’l saria uno ruinare tutto el mondo, andare a combattere li nemici in nel loco dove sono. Stando in questa deliberatione, mai non fu visto et forsi non si vederà mai tanto core in exercito come era in questo a volere combattere, acomenzando a lutti li capitanei, seguendo fin a li pagi. Ma vedendo saria balere la testa in el muro, s’è risolto di fare intendere a Nostro Signore, immediate gioliti che siano, andare a le trinzee fatte et sforzarle et combattere, che a questo se potea fare securo, havendo una spalla gaiarda de sviare come sarà questa che viene. Et per quello se può comprendere, se Dio non ne sarà più che conira, sarano puniti de li stratii glie hanno fallo in Roma de le cose sacre, et la slrusione-hanno fatto et fanno de li romani et romane et frati et preti et monache tutte menate a fracasso, et sopra a la roba et 1’ honore che hanno tolto, li fanno morire di fame, che tutte le vituarie che erano in Roma tutte sono state redulte in in Borgo et in Transtevere, sì che si morello da la fame. Apresso, l’abate di Nazara ha mandato in castello a Nostro Signore a farse conferire li bene-fìcii de li homieidii de preti che hanno fatto, et così Soa Santità dubitandose di non pervenire in le man sue, li ha conferito in quelle persone che loro hanno rechiesto ; sì che vedete cume va le cose del mondo. Se Nostro Signore potrà aspettare come poterà s’el vole, perché si sa di certo che dentro del castello li è da vivere per più di dui mexi a le genti che li sono di dentro, qualle sono da 600, de le quali ge n’è da 200 da guerra, le cose se poteriano redure de una extrema infelicità a una felicità. Non so come se risolverà Sua Santità a volerse tenere, a ben che credo sarà sforzato a farlo necessitate perchè non potrà bavere acordo con li nemici se non con el capo al collo. Staremo qua sin che si habia risposta da Soa Santità. Dio