MCCCCC, OTTOBRE. 870 petieri di trivisana, padoana, visentina. et veronese per numero ... ; et alcuni fanti di Cremona, vide-licei Abramin et Beneto Zucho, e poi Rubali, conte-slabele, e Zorzi Vida. Item, post scrita, per uno vien da Bolzam à inteso, esser sta fata la fiera, et per la Alemagna era sta fato descrition di zente; ma che le terre franche non volea guerra, et il ré di romani era invitato da’signori italiani, e molti milanesi fo-raussiti, a la guerra; qualli dicevano gran mal di la Signoria nostra. Dìi Bologna, dii conte Nicolò Rangorn e Juliano di Medici, di 29, a Piero di Bibiena. Come monsignor di Obignì era stato lì per piacer i francesi, e havia manda uno homo a Faenza, Rimano e Pexaro, a confortar quelli signori : il christianissimo re non comporterà la lhoro ruina, e questo dichi publine, coram populo. Et à ditto, missier Zuan Bentivoy è molto amato dal re. Item, pisani col re à tratà acordo, et è vicino a la conclusioni ; e monsignor di Bei-monte resta al governo, et a Fiorenza son stà creati li X a la guerra, e hanno tolto il prefetto per capeta-nio ; et Fiorenza e Pistoia è in disensìone, e le parte di Pistoia si hanno tagliato a pezi insieme, morti da 80. Item, si dice il pontifice, venendo le zente in Romagna, vorà Castro Caro, tien fiorentini, qual è di la juridition de Imola. Item, el signor Gilberto da Carpi è morto da mal franzoso, qual ha portato za tre anni. Altro non z’ è. Referì sier Polo Trivixam, el cavalier, fo podestà a Brexa, dicendo voler dir di la cita, di le forte-ze, di le monition e di la camera ; ma fo tanto longo, che non compite. Et disse havia fato justicia a tutti, e dato benigne audientia. Ma el criminal non si poi far, per causa dii conte di Pitiano inibisse, et etiam il clero; adeo è pochi siano expedilti per il podestà. Et di la cita, era do revelini, San Nazar, compido, et Sancto Alexandro pocho manehava di le mure; di la scarpa manehava pocho a compir, adeo mille ' ducati bastava ; ma quelli citadini non voi pagar la . soa parte, perchè alcuni exenti non voleno contribuir. Et a le mure mancha far alcuni torioni e, per opinion soa, la contrascarpa voria haver il pendente i a P incontro eie., e mancha a far la contrascarpa da la porta di le pille fino al castello, et è un pezo di muro versso San Piero, andava zoso, lo fè riconzar. Poi disse di la Garzeta, la porta va fuori di la terra sta mal; voria far una torre, e butar zoso quella eh’ è vechia, qual saria bona custodia a le mure. La citadella nova, in do lochi, li mancha parte di le mure ; bisogna riconzar. Et il castello, di sito bellissimo, ét al tempo di sier Francesco Mocenigo, cape- j tanio, fè principiar valizar il terem ; ma à poche mo-nilion eie:, adeo in el castello e Brexa non è mille barili di polvere. La Signoria mandò a domandar polvere, ne mandò certa quantità eie. Di richeze, quella terra, per opinion soa, non è tanto chome si stima; el ne è ben qualche richo, ma quando fo de li 1-2 milia ducati dii subsidio, bave insieme col ca-petanio, sier Zuan Francesco Pasqualigo, grandissima stenta ; adeo nel conseio parlono assa’, dicendo di la fedeltà lhoro, et non doveano esser astreti a questo, havendo di le altre angarie eie., adeo con grandissima falicha feno contentar a pagar. Et, per dir il tutto, quelli citadini veneno in conseio per non prender la parte. Et si duol che prima Brexa soleva far panni per Veniexia 6000, bora non ne fa 800, et per la cità 1200. Etiam, hanno a mal, li beneficij clericali esserli tolti, la qual cossa è un morbo in le terre nostre. Tamen, in reliquis, di fedeltà è fide-lissima ; e quando 1’ acadete presto far adunanza por mandar zente a Cremona, fono presti li citadini andar a torno eie. Or, per esser P bora tarda, e volendo intrar sopra le fortezo, comenzando da Pon-tevigo, li fo dillo non era tempo. Et fo laudato dal principe. Da poi disnar fo gran conseio, et collegio si recinse. Vene prima questa matina in colegio sier An-zolo Trivixan e sier Zacharia Dolfm, dicendo .erano pronpti a servir, dàmmodo havesseno P auctorità di P arsenal eie., prometendo trovar homeni eie. E li fo dito di dar. Di Franza, di sier Beitelo Trivixan, el cavalier, oralor, date a Bles, a dì 21. Come da poi le ultime, il re scrisse letere al papa e altri signori christiàni in maleria christiana. Et poi esso orator, ricevute letere di 5, con una andava al re, fo da soa majestà, e ditoli il tutto. Rispose: non si potea risolver fin non intendi quello voglij far il re di romani, o pace o longe tregue; tamen faria ogni cossa, per amar la Signoria quanto lui medemo. E P orator li disse, era certo la decima non spenderà in altro cha contra il turcho. Disse il re : Crediate certissimo. Et à scrito i al papa et al ducha di Valenza, di sua man propia; e volea esso orator fusse col suo conseio. E prima volse aldir una predicha di uno frate di San Francesco, qual confortò la expedition, et narò P infelice caso di Modom; el qual frate si parte per Spagna, et confessa quelli reali, per excitarli a P impresa. Or poi nel conseio andato, monsignor di Albi propose tre cosse : la prima, la constantissima voluntà dii re a P impresa e meter tutte sue forze; la secunda, le letere à scrito al papa e altri principi; la terza, si