13 MCCCCLXXXX1X, OTTOBRE. 14 cossa avanti. El turco sorastà a trazer Farmacia, ma manda Scander bassa con 20 milia cavali, per Bossina, a romper in Sehia.vonia su quel di Zara, e sora-stete alguni dì senza far novità ; dove intese, el re di Franza descendeva in Italia, e comenzava a tuor dii stato di Milam. Allora turchi scorsizoe su quel di Zara, metendo lutto a sacho. El signor, inteso che ’1 ducha di Milan è cazado per il re di Franza e veni-tiani di Milam, vedendosse delizado da dilto duca, perhò che lui nè altri italici rompe a la Signoria, salvo esso signor turco, fece retegnir e decapitar l’ambassador di Milan, e non voleva trazer fuora la sua armada. Tandem, a persuasioni de Embrain bassà, trasse 1’ armata, digando : Signor, per tuo honor, trazila, aziò non para che temi de algun, perchè quella opererà e per uno luogo e per uno altro. E cussi feze, e subito ussita, per forluna perse 30 navilij sora Cavo Colona, e vene poi di longo in colfo de Coron. E turchi, vedendo l’armada veniziana mo-strarge la prova, fuziteno ini Portolongo. E, saputo el bassà tal nova, temendo esser morto dal signor, perchè vedeva l’armata obsessa in dito porto, se acoro da meninconia, e morite; zoè quel Embrain bassà vechio. El signor eliam, inteso di 1’ armata obsessa, have gran dolor, come per molle vie se intese, nè sperava mai più quella haver in suo dominio ; lamen, cum astuzia de Carnali et altri, l’armata ussite per tre volte di Portolongo, e tre volte, da paura d’esser rota da’nostri, ritornò. E pur a la fin ussite, quando sape la nostra esser ini porto al prodo, e vene a terra via im porlo Zoncliio, e levati dal Zon-chio per tre volle fo a le man; e investita da la nostra, in la prima, la nave Pandora e l’Armerà, sì che con la nave mazor turchescha, tutte tre se brusono in mar, e turchi recupera, non solum suo homeni con le fu-ste, ma preseno et amazono nostri in mar ; e i vivi fono menati al bassà, e il dì sequente decapitati. E dicono, la note sora i corpi morti fu visto candele accese, e fu trovato uno olivaro nasudo. Si è vero, è miracolo grande. E Andrea Loredan e Marco di •4 Santi, suo secretario, con San Marco abrazado, invocando Dio li perdonasse e San Marco el scapolasse, se abrusono in nave. Et in le bataglie apizade, mai el zeneral volse investir nè aproximarse, anzi pre’ Hironi-mo Cesoto, suo capelan, diceva : Magnifico capetanio, le bombarde vola per tutto; andè da basso, che una ; non ve azo'nza. E Marco Bevazam, secretario, lo re-, prese aperte : Scomunichà, se te aldo dir tal parole, teamazarò. F. ditto capelan disse: Le manaze al ca-| petanio ? Qual lo disse al secretario. E lui rispose : Me agjneva che non li desse de un cortello. Et essendo a l’altra bataia, ilerum el capelam suase el zeneral andasse da basso, e non stesse su la pope, che le bombarde non l’azonzesse. Et il secretario alhora li dete un bufeto. Et il capetanio lo riprese. Et il secre-tario disse : Li darò de un cortello, se più l’aldo dirve tal parole. Costui serà caxon de la ruina del stado de la Signoria e del vostro honor; corno è stato. Hor ho fato un poco, alla relation torniamo. Ilem, disse dito arziepiscopo, che a dì 28 avosto l’armata dii turco, di velie 204, intrò in colpho, et, di ditto numero, 90 velie e più disarma; e la ga-leaza di polvere si rupe, e altri navilij al numero di X. Ilem, ha galie sotil numero 55, e manchava di l’armada homeni XV milia; et che, quando fo per ussir la dila armada; el signor non voleva. El Em-braim, eh’ era nimicho nostro, e il Col fo di Chazer-go, secondo bassà, disseno: Signor, falla ussir ad ogni modo e va a Corfù. Ilem, havia bordine, si la nostra armada l’investiva, dar in terra a le Xemi-glie, e lì smontar li homeni e fuzer. Ilem, el signor è do zornate lontan di Nepanto, et lui arziepiscopo col caslelan, che a dì 29 si rese, haveno licentia di vegnir via, e uno da cha’ da Canal era lì, e li coslò ducati 100 per uno. E, 'partiti, il bassà mandò a dir al castelan e l’altro, non venisse ; e lui lassò venir. Et che ’1 provedador era in un navilio con le fantarie, qual il bassà volea licenliar, poi li mandò a tuor le velie e timon. Ilem, par esso arziepiscopo liabi lelere di Fait bassà, di credenza, et di uno altro voria adatar le cosse. Et è dito, sier Alban d’Armer si abrazò con uno frate, e tutti do erano morti insieme. Et è ditto, sier Andrea Loredam per alcuni esser prexon di Camalli. Ilem fo dito la lesta di 1’ Armer esser sta trovà a Modon da Ilironimo Vianello, era su le galie di Barbaria, e, conosuta, 1’ havia fata sopelir. Ilem, disse dito arziepiscopo, turchi non Iacea mal a niuno in Lepanto ; e la sua armata esser mal in bordine. Et conclude dicendo: L’ultimo di pessi (sic) che il Saraco vi dice: le cosse di la Signoria va mal. Ilem, che Fait bassà non li piaceva di l’aquistp di Lepanto, perhò che trazeva più utilità quando era di la Signoria, che trazerà al presente. Et par, il signor turco ge lo babbi donato ; qual è zenero di esso signor. Ilem disse, li parloe come el signor ha roto la pace confirmata per sier Andrea Zanchani novi ter ; et, fazandola di novo, non la mantenirà. E lui rispose : El signor mai scrisse alcuna letera, ni confinilo pace ; ma quando l’ambassador si partì, fuzite da Constanti nopoli, e lassò do ancore per ochio; et si el signor havesse promesso la pace a la Signoria, l’aria mantenuta.