1281 MCCCCCI, GENNAIO. 1282 defension de la christianità ; et non satisfacendo a nui medesimi, senza mostrar presto, per opera, et nostro desiderio, al tempo .che vostra santità scrisse, che mandassamo nostri ambassadori in corte, perchè tractasseno di quello se dovea proveder per remedio de la christianità, mandassemo la nostra ar-mada da mar contra i ditti turchi, parendone, per il periculo tanto vicino, de li christiarfi, havea bisogno di presto rimedio. Et se, al tempo che nostra arinada stava per far velia, non seguiva de qui la sublevatiom de li mori, che stavano in Alpuparas (sic), per spianar et far quello bisognava, il che detene la nostra 'armada, credemo che haveria possuto arivar ne le parte del Levante a tempo, che, con J* ajuto de Dio, non se haveria perduto quel che, avanti lo arivasse, s’è perduto. Et cussi dessemo facullà al nostro am-basador, che in corte de vostra santità sta, azò che con li altri tractasse il negotio, come li comandasse * vostra santità. Da poi, per nostre continue letere, et messi mandati al ditto nostro ambasator, et per suo mezo, sempre li habiamo suplicato et fato molta instantia, che voglia proveder a queste cose del tur-cho, et conciederne nei nostri regni, per alcuno ajuto de la spesa facemo in quelle. La qual cossa, per simile negotio, sempre han costumato far li sunimi pontifici vostri antecessori ; et non habiamo saputo che se habia tractato alcuna cosa per li ambasatori, nè fino a questa hora vostra santità ni ha concesso (juel che li suplicamo, sapiando la spesa continua che tenimo ne la nostra armada. che havemo mandata contra el ditto turcho. Et cusì, poi che vostra santità, per tante nostre letere et messi nostri et per la opera, sa et vede il desiderio et volontà che tenimo, per incitami più in questo sancto negotio, non bisogna ne mandi legato, nè per persuaderne, perhò che niuna cossa tenimo più persuasa, che combater per defension de la christianità, niuna desideramo più, che poner el stato et le vite per difension di la fede, et in questa vossamo compir li zorni nostri; questo desideramo lassar per heredità a li successori nostri, et per questo starno sempre et staremo apa-rechiati. Da poi, per la gratia de Dio, havemo pace con tuti li principi christiani, nè ni impaza questo differentie particular, in modo che, per metterci mazor volunlà a questo sancto negotio, ni per paci-fìchar differentie de nui con altri principi, poi che non le habiamo, ni per altra qualunche cosa che da nui o de li regni nostri sia mestier per quello, non è necessario mandarne legato ; et suplicamo a vostra santità, che non ne lo mandi, et che li piaqui con-eiedermi per ajuto di la spesa facemo in questo ne-I Diarii Ai M. Sanuto. — Tom. III. gotio, perchè li habiamo suplichato. Et a quanto vostra santità desidera intender de la andata de la persona de mi, el re, a questa sancta impresa per la primavera, piacendo a Dio nostro signor, perchè-vostra santità fa mention nel suo breve de la andata del dito serenissimo re di Franza, nostro germano, o de la mia, et non sapemo zercha zò in che opinion sia el dicto re di Franza, nostro germano, nui li scrivemo subito sopra questo, per corier volante; et saputo in che el sta, circha de la andata di sua persona, responderemo più particolarmente a vostra santità, circha de la andata de là persona de mi, el re. In questo mezo, persuadesi vostra santità, che tutto quello poremo far in defensiom de la christianità, et offension de li infideli, sia certissima che lo faremo de mollo bona volunta, fino a melerei la propria vita, se ’1 sera bisogno, come è sta ditto, per servitio de Dio, nostro signor, et per honor di la sua sancta fede. Nostro signor eie. Data in Granata, a dì X.° Intrò il cok'gio di le biave, perchè el bonus in 503 fontego era podio, et feiio prò visioni eie. Et fo pro-visto dii tormento per Corfù, et mandà nonlij per tute le terre, ad haver biave eie. Tamen in fontego la farina cressete. Da poi disnar fo pregadi. Vene il principe, el leto le letere. Prima : Da Milam, dii secretano, di 7. Come, ricevute nostre, con la risposta fata a la letera dii re di romani, de oratore mitlendo, la comunichi) a monsignor di Luciom. Li piaque. Et poi disse, zercha le robe di sier Francesco Morexini, dotor, tolte da le do nave zenoese, armate per il re, ditto monsignor disse, scriverla in bona forma a Zenoa. Poi domino Claudio Deais e domino Michiel Uizo, regij consieri, li disse di certi passavano per li nostri lochi, et venivano di Alemagna ; et manda in nota la nome lho-ro, e dove sono stati ; qualli sono milanesi ; el esser venuto uno secretario dii marchexe di Mantoa a scusarsi, non li dà recapito. Item, de lì hanno abuto hordine quelli signori dal re, di scuoder la decima dii clero, e lhoro non voleno dar principio, se prima non habino auto li ducati 25 milia voleno eie. Di Brexa, di ree tori, di 9. Chome li dacij nostri vano in malhora, et hano in questi zorni, dal primo dii mexe in qua, scosso per la mità solevano scuoder, sì che è un gran danno eie. Da Cremona, di sier Polo Barbo, podestà, e sier Domenego Bollani, capetanio. Zercha certo terzo di dacio, concesso a’ cremonesi, doveano haver 81