2.07 MCCCCC, MAGGIO. 2D8 Di campo, ili proveditori, da Trevi, di tre. Nulla, da conto. Cliome hano da Milan, inissicr Zuan .la-conio haver pocha reputatiom, et che Triulzi, Boro-mei et Palavicini sono eie., et che le zente vanno pur versso Pisa. Da Cremona, di Lucio Malvezo, prexon in ro-cha, do teiere. Prega la Signoria voglij veder si à Calilo ; si racomanda. Le qual letere non fo lete ni in colegio ni im pregadi. Di Pisa, di la comunità. Et quelli signori si ra-comandano a la furia li vieni a le spale; et hanno fato lhoro oratori Zuam di Lanti et uno di Colti, stanno qui. Non fono alditi. In questo pregadi non fo il principe. Fo leto per Gasparo di la Vedoa la scritura in francese deteno li oratori. In conclusion, il re voi Ferara, Mantoa, Bologna, Lucha, Pexaro e il Reame aquistar con ajuto di la Signoria; e dice voi haver in le man dii querelante, poi partirà eie. Et poi sier Nicolò Michiel, dotor, cavalier, avogador, andò in renga, et expose in eadem :materia quello che eri essi oratori li disseno, insieme con sier Zorzi Corner, el cavalier, cao di X, quando li mostrono le zoie et le arme dii conseio di X. Poi Gasparo, in renga, etiam referite quello disseno ozi a conseio al principe. Et fo dato sacramento a tutti e le. Fu posto per tutti li savij di colegio, di tuor 4 nave, et mandarle in armada, ut palei, con le condi-tion. Ave tutto il conseio. Et fo parte notada di mia mano, e mia opinion. Fu posto per tutti di expedir il conte Xarcho et mandarlo in Dalmatia, darli la biava, chome hano li altri stratioti sono in Dalmatia. Bave tutto il conseio. Fu posto di scriver a Fiorenza, per lhoro savij dii conseio e di terra ferma, a quella comunità, ne voglij dar li nostri ducati XV milia, e provedino a darne la securità dii resto; aliter si provederia eie. Et fo assa’ bruscha letera. Et ave tutto il conseio. Fo mandata, et nulla zovoe. 111 A dì 8 mazo. In colegio vene li do oratori di Franza, solicitando la risposta di la scriptum. Fi il principe li rispose, si faria ; et li disse il bon voler di la Signoria nostra versso la christianissima majestà, e dito mal di fiorentini. Lhoro risposeno, cussi era da la parte dii roy. Poi dimandò qua ile causa teni-vamo le zente a Trevi e a li confini. Li fo risposto, Per assegurar le cosse di populi eie. Poi parliti, il doxe si parti; li consieri restono a dar audientia, et li savij andono in un’ altra camera a consultar la risposta di prefali oratori. Di Pranza, di l’orator, di primo. Replichi quello scrisse eri, et chome ozi era stato dal re, qual li disse ; Scrive a la Signoria mi compjasa di darmi Ascanio. Et lui orator zerchò justifìchar le raxon nostre, per le qual si leniva esso Ascanio. Disse il re : Scriveteli di bon inchiostro. Poi 1’ orator li disse di l’armala. Rispose soa majestà : Vi prometo, la mia sarà più presta cha la vostra. E li mostrò una letera abula dal re de Ingaltera, la copia di la qual sarà qui sotto scritta. Item, il Moro, o ver signor Lodovico, doveva ozi intrar lì in Lion, o ver doman; et che lo episcopo di Melili, orator dii papa, era al presente arzie-piscopo di Arles eie. Copia di letere dii serenissimo re di Anglia al cristianissimo re di Franza. Altissimo et potentissimo principe, nostro carissimo et amantissimo fradello e cuxim. Nili se recomandemo a voi de perfeclissimo cuor. L’altro zorno dii mese di marzo precedente, el vostro oficial d’arme de Picardia ne apresentò lettere, quale per lui ne liave.vi scritte, date a Liom, 1’ un-decimo zorno del ditto mese; per le qu de ne a vi sali et fati asapere del stato de le fazende de Italia ; e, tra le altre cose, de la bona fortuna quale v’ è adve-gnuda in quelle parte a l’incontro di vostri inimici. Per la qual cossa noi senio stati et senio jucondissi-mi, cussi chome se la bona fortuna ne aparlinesse a noi medemi ; e doveti esser certissimo che ne fate grande apiacer de cussi sovente avisarne et farne asapere de vostre novelle et del stato sotto nel quale sono le vostre ditte facende. E [ter questo senio grandemente obligato a voi, perchè cognoscemo certamente che questo viene et prociede dal cordial amor et benivolentia, che sempre havete portato versso di noi. Donde più caramente che podemo ve ringralie-mo, ben che per avanti il ricever di le vostre ditte letere coreseno aitre novelle per de qua, in maniera contraria de le vostre ; ma mai non li havemo voluto prestar fede, fin a tanto che non havemo saputo le vostre. Da l’altra parte, noi intendemo per vostre dille letere, che haveti saputo del certo tanto da Venecia, da Rodes, da Ilongaria, e d’altri logi, che el lurclio, innimicho de la nostra fede catholicha, ha fato e dri-zado la più grossa et potente armada che mai fusse fata nè drizada in Turchia, a intentione de vegnir e de scendere al prcditlo mexe de marzo, o vero questo di aprile in Italia, la qual cossa saria uno grandis- 111 simo terore a tuta la cristianitade, oltra i grandi el enormi malli che taria, se 1 non fusse remediado et