- 163 — 1101 al 1373, i cognomi acquistano sempre maggiore diffusione. Di solito, quanto nomi slavi che latini o italiani, trovano nella grafia approssimativa dell’ epoca una forma che circa corrisponde alla loro voce originale (naturalmente tenuto anche conto dell’esattezza paleografica, non sempre irreprensibile, dei singoli editori!). Tale consuetudine, manifesta già nei primi secoli di documentazione storica, si mantiene, con maggiore o minor coerenza ortografica, sino alle ultime epoche. A differenza però dei documenti latini che, per quanto stava nella capacità ortografica o nella sensibilità fonetica dei loro estensori, riproducevano con discreta fedeltà anche nomi e cognomi slavi, i documenti cirilliani, quali appaiono nelle raccolte del Miklosic1), del Pozza2) o dell’Jireòek3), amano slavizzare moltissimi nomi di famiglie italiane e specialmente trattando di famiglie ragusee o cattarine usano certi patronimici slavi o slavizzanti che allora devono essere stati in uso: un Gradi è chiamato Cinculovic, un de Luca TrentaCevic, un Bolizza Grbicic ecc. Un fenomeno caratteristico e proprio dei documenti scritti tanto in caratteri latini e lingua latino-italiana, quanto in caratteri glagolitici, cirilliani e lingua serbo-croata, è la trattazione di cognomi che riuscivano «adattabili» nelle due lingue della provincia, che divenivano cioè delle elastiche dittologie. Qui ci troviamo di fronte ad una particolarità linguistica che bene corrisponde al carattere dualistico d’una regione di confine ove usi, costumi, parlate, vita pubblica e privata di due diverse nazioni risentono l’influsso della loro contiguità. Il contatto ininterrotto di due nazioni, che parlano lingue diverse, esercita azione contamina-trice non solo nella fonetica (la pronuncia impura delle sibilanti in certe zone cakave, anomalie d’accentuazione), nella sintassi (la costruzione croata di bez nelle proposizioni modali, confusione nell’uso di preposizioni, uso errato del pronome nei verbi riflessivi italiani) e nel lessico (kriz, uliganj, lanpat, kuntenat—duca, poglianeta, polagana) delle singole parlate, ma arricchisce anche di curiose traduzioni, di differenti nominazioni e di ricchi allotropi la toponomastica e l’onomastica della regione. Come ci sono nomi di luoghi o di persone che hanno voci distinte o forme tradotte, ridotte e inalterate (Ragusa—Dubrovnik, San Pietro—Supetar, Spalato—Split, Drnis; Natale—Bozo, Aurora—Zora, Antonio—Antun, Madio, Kresimir), così anche i nomi di famiglia hanno ') Fr. MlKLOSICH, Monumenta serbica spectantia historiam Serbiae, Bosnae, Ragusi, Vienna, 1858. ■) M. Pucic, Spomenici srbski, voi. 2, Belgrado, 1858-1862. 3) K. Jirecek, Spomenici srpski, in < Spomenik» dell’Accademia Serba, Belgrado, 1892.