— 10 - alcuno slavo ’). 11 Niseteo conosce già il lavoro classico del Larramendi sulla grammatica e sul lessico basco, che troviamo tuttora citato dai più illustri romanisti moderni, p. e. dal Diez e dal Körting. Anche il Tommaseo, che in un secondo scritto sul tema medesimo si era ricreduto, batte codesta via. Giustifica però gli slavisti, che cercavano nella lingua loro le origini d’altre più famose e letterate: volevano così rivendicarne la fecondità, la bellezza e la sapienza di fronte agli spregi ingiusti, di cui la coprivano gli stranieri. Una sola parola — egli conclude — basta a dar loro la verità e la credibilità, che non paiono avere: se invece d’origini parlisi d’affinità2); e se — aggiungiamo noi — le casuali affinità di suono e di senso non si accolgano sempre come argomenti di identità etimologiche. Ma chi da questo movimento, diremo così, filologico volesse dedurre un movimento politico slavo, forte, compatto, universale ad esso corrispondente, forse rischierebbe d’ingannarsi. Il riflesso, che se ne riscontra nelle lettere e nelle arti italiane, fiorenti in Dalmazia nella prima metà del secolo decimonono, ci dà a divedere che il più delle volte si tratta, se non di Arcadia in ritardo, di romanticismo, allora comune a tutte le colte nazioni, e non già di nazionalismo. Infatti la massima parte dei letterati e degli artisti, che svilupparono soggetti slavi, sentirono italianamente; e se c’era un movente politico, tendeva desso a stringere in un solo fascio gl’ Italiani e gli Slavi. Slavofilia quindi e non slavismo, estesa pure all’ Istria, a Trieste e a Gorizia, che si rispecchiava oltre che nei giornali politici, nella « Favilla » di Pacifico Valussi a Trieste, e nella « Dalmazia » di Giovanni Franceschi a Zara. Non appartiene a noi l’enumerare qui i letterati non dalmati delle provincie italiane dell’Austria, che svolsero in prosa e in verso temi slavi, e misero in scena produzioni d’argomento slavo ; basterà ricordare Francesco Dall’Ongaro, che li rappresenta tutti. Di lui i nostri babbi ') «Gazzetta di Zara», anno 1844, n.ro 95. 2) Nel «Dizionario estetico. Parte moderna», Milano, 1853, a pag. 321 e segg. c’è la monografia Della sapienza riposta nelle radici della lingua illirica. 11 metodo, tenuto dal Tommaseo in questo lavoro, è da lui stesso indicato così : Quand’io a canto a una voce slava ne colloco una ebraica o sanscritta o greca, simile di suono e di senso, ognuno dovrà confessarne le somiglianze ; e, se tali conformità siano non poche, la parentela delle due lingue, purch’io non pretenda arguirne che lo slavo è padre al greco, al sanscritto, all’ebraico L’ebraico, come ognuno sa, non ci può entrare; ed anche la conformità di suono e di senso è alle volte ingannevole. 11 lavoro di cui nel Diz. estet. » diede soltanto un saggio, è assai esteso, e fu sottoposto a Zara, al giudizio del prof. Nekic, il traduttore slavo degli scritti del Tommaseo contro l’annessione a Croazia, pubblicati nel’62. 11 prof. Nekic si schermiva nel dare la sua opinione, che forse già allora sarebbe stata sfavorevole; ma, poiché di fronte alle moderne conquiste, fatte dalla scienza nel campo glottologico, i criteri del Tommaseo non potevano più valere, il lavoro rimase-ed è tuttora inedito.