- 84 — lecito pensare anche a una mano diversa. Il quaderno serba le tracce di un sommario esame che sul finire del secolo scorso ne fece il defunto G. Aiacevich. Egli però, ingannato dalla forma medioevale del 5 arabico, somigliante ad un 9, lo ritenne del 1398-1399 e forse per questo lo collocò nel voi. XV dell'Archivio, dove tuttora si trova, assieme ad un quaderno di conti dell’anno 1414. Tranne il millesimo 1359, apposto per un capriccio dello scriba a cc. 28 v., il quaderno non porta titoli nè indicazione cronologica alcuna. Dopo un attento esame del suo contenuto e dopo un lungo studio degli ordinamenti finanziari del comune di Spalato nel trecento, potemmo giungere alla sicura conclusione che trattasi di un registro degli introiti e degli esiti del dazio del commercio e della zueca. Commercio (comerchium) era la tassa che si imponeva a gran parte delle merci che entravano o uscivano dalla città (Vedi Statuto cit., pag. 220 sgg. e 285 sgg.), e per metonimia la voce passò a significare anche l’edificio dove si conservavano le misure del comune e dove le merci dovevano essere portate per misurarle, pesarle, e per la fissazione del dazio. Zueca (iudaica) era detto una specie di baraccone fuori di città, dove era installata una gran caldaia della quale si servivano i conciapelli, i tintori e i pescatori per tingere le reti. Chi ne usava doveva pagare una tassa. Il dazio del commercio e della zueca non veniva gestito direttamente dal comune, ma, come tutti gli altri, veniva appaltato. Ecco le condizioni alle quali l’appalto ne fu fatto nel sett., ott. o nov. del 1350: » Inprimis « de cera, caseo, lana, lino, bombice, oleo, mele, ferro, ramo, stagno, « plumbo, pice, vino, rascia, ficubus, nucibus, uva passa, asungia, sepo « et grassa dictus emptor dacii accipere debeat unum denarium parvum «prò libra denariorum; tamen si quis emerit de predictis rebus a viginti soldis infra, nihil solvere teneatur prò dacio vel gabella. • Omnes autem alie et singule mercationes et res que venduntur ad •; pondus, cuiuscumque conditionis existant, ab omni datio et gabella < penitus sint exempte..... Item prò quolibet corio bovino, equino, «asinino et cervino accipere debeat dictus emptor parvos duodecim; « et prò qualibet pelle bestie minute unum denarium solum. Item prò « arboragico accipere debeat ab illis illarum terrarum in quibus acci-« pitur nostris mercatoribus Spalatinis duodecim venetos grossos prò «arbore____et mercatoribus venientibus extra civitatem Spalati acci- « pere debeat secundum formam statuti » (Arch. di Spai., copia quattrocentesca allegata al voi. XXXIX, fase. 33). Questo documento, assai monco, non dice quanto il dazio rendesse, ma da un’altra notizia (Bullettino cit., XXXIV [1911], pag. 93) sappiamo che nel 1353 fu appaltato per L. 171 di picc. ven., somma assai modesta che riflette anche la pochezza del commercio spalatino. Invano abbiamo cercato i nomi degli appaltatori del 1358-60. Niun dubbio però vi può essere che, come sempre, non si trattasse di spalatini. Va però osservato che la scrittura può anche non essere degli appaltatori, i quali, se avevano da accudire ad altro, erano soliti di assumere (ne abbiamo trovato esempi negli appalti di altri dazi) giovani scrivani che facevano pratica di arte mercatoria,