— 222 — in Spalato stessa, parlano di un’ azione papale e franca in territorio schiettamente bizantino, come di cosa naturalissima. Il Sisic, a ragione, la ritiene inammissibile. Ma, avendo accettato la tesi Bulic-Bervaldi per ciò che riguardava la cessazione di ogni organizzazione ecclesiastica durante i secoli VII e Vili, anticipa di una ventina d’anni il termine segnato nella Kronotaksa ed osserva che quel Giovanni poteva essere un profugo da Ravenna. Questi venti anni e questo ripiego non risolvono niente! In sul principio del IX sec. ci fu, è vero, in Dalmazia una forte, anzi violenta, azione religiosa concordata senza dubbio tra il papa e il neo-imperatore d’occidente, ma essa si svolse nella Dalmazia mediterranea, abitata da croati, e passata proprio allora ai franchi. E, quel che più conta, quest’azione è in netto contrasto, in aperta opposizione, con l’azione politica e religiosa di Bisanzio. Contro Spalato e contro Zara stanno Nona ed Aquileia. Donato va a Costantinopoli e torna con le reliquie di s. Anastasia; Terpimiro va a Cividale e fa scrivere il suo nome nel celebre Evangeliario. A Nona si venerano s. Anseimo, s. Mauro, s. Ermagora; a Zara i santi Avanvaoia, Xgvoóyovog, ’Aydttt), Xiovia, EiQrjvr]. Le posizioni sono chiarissime. È impossibile equivocare. Tra la Dalmazia bizantina e la franca si delinea e si snoda una lotta, non solo politica, ma religiosa anche, di cui sentiamo l’eco profonda nei documenti del secolo IX. E più tardi ancora. In queste condizioni, ripetiamo, in una situazione dai contorni così limpidi e precisi, non può ammettersi che nè nell’800, nè nel 780, ma, o molto prima o molto molto dopo, vi sia stato un largo intervento di un legato papale oriundo di quella Ravenna che nel 751 era caduta in mano longobarda. L’intervento dovette avvenire o prima del decreto che sottraeva i territori bizantini alla Chiesa di Roma (732) o dopo lo staccarsi della Dalmazia romana dall’ influenza dell’ impero d’oriente. Quale sia a questo proposito la nostra opinione abbiamo già detto. Veniamo agli avvenimenti politici. Sino all’ultimo decennio del sec. VIII gli slavi erano rimasti sotto Bisanzio. La loro permanenza nelle terre che Eraclio aveva riconosciuto come loro sede, non dovette essere soverchiamente molesta nè all’ impero in generale, nè alla Dalmazia romana in particolare. I guai, per l’uno e per l’altra, cominciarono quando, nei primissimi anni del sec. IX, i duchi del Friuli sottomisero gran parte del territorio tra il mare, l'Arsa, il Vrbas e la Cetina. La politica franca in queste terre, dopo i necessari orrori della prima conquista, fu una blanda politica di pace e di accat-tivamento. Nei suoi ultimi fini essa però mirava a sobillare queste popolazioni contro l’impero bizantino, a creargli molestie, difficoltà e pericoli, che a poco a poco lo respingessero dall’Italia, dall’Adriatico, dalla penisola balcanica. Per questo, immediatamente dopo la conquista (forse contemporaneamente), missionari franchi predicano tra quelle genti la fede di Cristo, e Nona, dove poco dopo si fonda un vescovado, diventa la concorrente di Spalato; per questo si rinfocolano i dissensi originati da delimitazioni territoriali, che ad arte non si risolvono mai. In genere ogni occasione è buona per creare all’impero e alle città di Dalmazia danni e molestie senza fine. Una cosa però mancava all’ impero d’occidente per essere in grado di seriamente minacciare la posizione di Bisanzio in Dalmazia e nell’Adriatico: una flotta. E allora i franchi, a poco a poco, cominciano a coltivare quella certa pratica marinaresca che le popolazioni slave, nel lungo pacifico contatto con i romani delle città costiere, eran venuti acquistando, la favoriscono, la educano, la spin-