— 200 — -Comunque, il saggio comparativo del Vaillant è un efficace contributo all’ illustrazione filologica delle relazioni letterarie che nei secoli passati correvano tra le singole città della Dalmazia, più precisamente tra Ragusa e Lesina. Di siffatte relazioni parlano già l’amicizia tra l’Ettoreo ed il Vetrani e le epistole in versi dell’ Ettoreo al Naie. Prova maggiore offrono una poesia del Lucio « U pohvalu grada Dubrovnika » ed il dramma « Robinja » dello stesso Lucio che è ispirato dalle mascherate o canti carnascialeschi ragusei e svolge un argomento trattato prima dal Darsa in « Cudan san ». Del pari significativa è la rielaborazione, che il Pellegrini fece della «Jedupka» del Ciubranovich, ed il codice leseniano di Pietro Lucio, ove sono contenute, assieme alle opere del Marulo o di altri poeti della sua scuola, anche alcune poesie del Vetrani, del Caboga e di altri. Ora per merito del Vaillant si apprende che in questo codice figurano, cakavizzate, anche delle poesie del Menze e del Dimitri. E tale cakavizzazione, secondo il Vaillant, risale proprio alla scuola di Lesina. Dallo studio del Vaillant si può trarre ancora una conclusione concernente la situazione letteraria d’allora. Quesf è che certe poesie del primo volume di « Stari Pisci » ascritte al Marulo sono ormai da attribuirsi ad altri autori. Per la poesia «Od ljubavi bozje cloviku » non ci può più essere alcun dubbio: essa è stata stampata a Venezia nel 1549 ed il Marulo, che la dovrebbe avere imitato, è morto nel 1524. Ciò non è detto espressamente dal Vaillant, ma lo si può dedurre, sillogizzando, dalle sue chiare premesse. Per concludere, lo studio del Vaillant va salutato ed applaudito come una di quelle esatte e scrupolose prove che sono destinate a rintracciare o illustrare tutte le varie e varie manifestazioni di reciprocità, di riproduzione e di imitazione nella letteratura dalmata. È augurabile che il benemerito filologo francese nell’approfondire i problemi più vitali o più aggrovigliati della lingua letteraria croata in Dalmazia si astragga talvolta dalle sole ricerche di pura glottologia e s’addentri in quell’ambiente storico, culturale, spirituale da cui i fenomeni linguistici appunto ricevono le più capaci e più caratteristiche energie motrici. Facendo simili divagazioni storiche egli acquisterebbe anche chiare e precise nozioni dì toponomastica ed onomastica dalmata e non vacillerebbe da forme da altri (Kukuljevic) storpiate (Koriolanovic—Coriolani) a inutili espressioni grafiche slavizzanti (Gorgi accanto a Dolci, anziché per analogia____ «Dolci», «Slade» ecc.) o a incoerenze di toponimi (Raguse—Zadar). Su ciò non insisto perchè mi sono dilungato altrove (cfr. «Di alcune dittologie nell'onomastica dalmata» a pag. 161 di questo volume). Ma giacché, quasi involontariamente, sono passato ad argomento di questioni tecniche, mi permetto inoltre di osservare che nella citazione di passi desunti dal testo di «Stari Pisci», io manterrei sempre e del tutto l’ortografia originale e non « accademizzerei» soltanto certi suoni (lj). Altrimenti succederebbe di leggere citato, p. es., liek, anziché lijek, assieme a zcmla per zem/ja, ondie anziché ondje, assieme a visiii per viSnji. Tali interferenze tecniche pure turbano in lavori strettamente scientifici e qualora in siffatte citazioni non si voglia proprio conservare l’ortografia originale del testo preso in esame, si dovrebbe «ridurre» ogni forma antiquata nella grafia prescelta. In ultima analisi anche i particolari tecnici esigono la loro normalizzazione e coerenza formale come qualsiasi altro particolare filologico. A. Cronia.