— 20 — C’ è dunque manifestamente errore o nella cronologia che si riferisce alla Stampa, o in quella del Fortunio. Anche qui gli archivi di Venezia e di Ancona potranno forse sciogliere un giorno tale questione. Se il Fortunio come poeta e come giurisperito è dimenticato, resta sempre vivo il suo nome per le « Regole grammaticali della volgar lingua», che fece stampare in Ancona nel 1516'), e di cui sino al 1552 uscirono sedici edizioni, non mettendo in conto che vennero inserite nel 1562 da Francesco Sansovino nella sua raccolta «Le osservazioni della lingua volgare di diversi uomini illustri », e nel 1643 in quella di Giuseppe Aromatari «Autori del ben parlare». È la prima grammatica italiana : ed il Fortunio sapeva di avere in simile pubblicazione il merito della priorità, perchè nel « Proemio » dice discendendo io nel campo primo volgare grammatico2). E ci racconta pure il modo da lui tenuto nel mettere insieme il suo libro. Tutto il tempo che gli restava libero dall’esercizio delle leggi civili, lo spendeva nella lettura delle cose volgari di Dante, Petrarca e Boccaccio. E pensando che non senza regole la volgar lingua armonizzatamente trattassero, cominciò a raccogliere il variar delle voci nei casi, nei numeri, nelle coniugazioni e nell’ortografia. E come ai grammatici latini era riuscito di porre insieme le regole della loro lingua dall’osservazione degli autori approvati-, così egli stimò di ricercare quelle della volgar lingua dai tre autori soprannominati. Le regole quindi della grammatica del Fortunio sono le regole della lingua usata da Dante, Petrarca e Boccaccio, ai quali un paio di volte, aggiunge l’autorità di Guido Cavalcanti e Cino da Pistoia. Il materiale raccolto aveva divisato di scompartire in cinque libri trattando dei nomi, pronomi, verbi, avverbi, ortografia, costruzione dei verbi, metrica. Sotto i nomi sono compresi i sostantivi e gli aggettivi; ma in queste due categorie mancano alcune particolarità, di cui tengono conto le grammatiche moderne. Non ci sono i nomi alterati, non i gradi degli aggettivi, nè i numerali. È strano poi che nella flessione verbale nel 1513, gli anconetani ebbero da Zara 600 soldati, condotti da Matteo Fortunio da Zara. Questa notizia rispetto al Fortunio la trovo ripetuta in « Patria», Torino, Un. tip., voi. Ili, pag. 12, In cui l’articolo sulle Marche è stato dettato dal prof. Luigi Borsari. Ma nè qui, nè lì la notizia è documentata. Di un Matteo Fortunio, capitano di ventura, e di un'accolta di 600 mercenari, mandati nel 1513 da Zara in Ancona, ì nostri documenti non dicono nulla. *) Per Bernardino Vercellese, in-4°. 2) Lo rilevò anche il Muzio nella sua Varchina» : « E intanto è questa lingua (fiorentina) comunicabile alle altre nazioni (il Varchi sosteneva che, per saperla, bisognava essere nati e vissuti a Firenze) che non solamente la imparò il Fortunio, il quale fu Schiavone, ma fu il primo a scrivere le regole, e ad insegnarle a’ Toscani, e a Fiorentini, e aperse la strada al Bembo e agli altri che dappoi ne hanno scritto».