— 208 — politico, nell’organizzazione e soprattutto nelle relazioni che, nella seconda metà del trecento, intercedevano tra i comuni dell’isola e i conti Saraceno, feudatari imposti dal regime ungherese. Traluce da esso lo sforzo e i sacrifici sostenuti dai comuni per mantenere le antiche prerogative municipali, contro la pressione esercitata dai feudatari che tendevano a spremere dagli isolani quanto più denaro potevano e a trasformare i comuni in feudi veri e propri su cui fosse lecito esercitare ogni potere. Esso poi rappresenta e chiarisce l’antefatto della clamorosa e ingiusta decisione del 1396, in cui la dieta di Nona, riconobbe al conte di Ossero « plenam et omnimodam potestatem, iuxta sue arbitrium voluntatis »J). Il Mitis ha molto bene illustrato tutto questo. Muovendosi con agilità nelle intricatissime vicende della storia dalmata e ungherese di questo periodo, egli è riuscito a inquadrare gli importanti elementi fornitici dal privilegio, non solo nella storia municipale di Cherso-Ossero, ma anche nella storia regionale dalmata, e ad illuminare così quella situazione che fatalmente, e con vivo desiderio delle popolazioni di Dalmazia, doveva inevitabilmente sboccare nella dominazione dalmata della Repubblica di Venezia. Alla lunga ed esauriente illustrazione segue la pubblicazione del non breve documento che occupa cinque facciate. G. Praga. UGO INCHIOSTRI, Corporazioni laiche e religiose a Sebenico e una « mariegola » del secolo XV, Estratto dall’ Archivio Storico per la Dalmazia, fase. 22, Roma, gennaio 1928, pagg. 1-23. È nota l’importanza delle confraternite di devozione e delle arti nel medio evo. È principalmente dalle loro mariegole che possiamo apprendere quale fosse in quei tempi l’organizzazione del lavoro e in genere come le diverse classi della popolazione tendessero ad associarsi. Sotto questo aspetto le confraternite medioevali della Dalmazia hanno ancora da essere studiate. Bene ha fatto quindi l’Inchiostri a raccogliere in questo studio tutti gli accenni più antichi all’esistenza di arti e mestieri in Dalmazia; accenni che conducono alla constatazione (anche documentata nel 1186) dell’esistenza di frataglie e corporazioni. La quale esistenza, nota opportunamente l’a., «è anche un argomento per dimostrare la stretta comunione che esiste tra il municipio dalmato e quello delle altre regioni d’Italia nei tempi di mezzo, con un succedersi e svolgersi regolare degli stessi fenomeni storici, almeno nelle linee generali, salve le particolarità che e nel diritto pubblico e in quello privato si possono riscontrare da noi ». Che le confraternite dell’alta Italia fossero una continuazione delle antiche corporazioni romane fu, a ragione, negato dal Solmi. Tuttavia l’inchiostri ritiene che in Dalmazia, cioè in territorio bizantino, « non sarebbe poi tanto azzardato il sostenere l’ipotesi che anche le scholae si sieno mantenute, quale derivazione diretta dai collegio, più o meno intatte lungo l’alto medioevo, fino a riannodarsi alle scholae e alle confraternite dei secoli posteriori ». E a prova di questa ipotesi ricorda i piscatores o gripatores, certamente organizzati a Zara a mezzo il secolo XI. L’ipotesi dell’ Inchiostri convince per quanto riguarda le confraternite delle arti. Intorno a quelle di devozione, per le quali questa origine non può ammettersi, *) La trascrizione capitolare era senza dubbio destinata ad essere portata alla dieta di Nona,