- 69 - dell’interno1), industria poca e limitata alla produzione della calce, alla concia delle pelli e alla fabbricazione del sale, commerci quasi tutti in mano, prima di marchigiani, poi di fiorentini, è naturale che in queste condizioni la resistenza, anche linguistica, fosse di fronte a Venezia minore. Il maraviglioso sta però nel fatto che, pur essendo Venezia completamente assente da Spalato, fa tuttavia sentire la sua influenza. La sovranità politica, ove si eccettuino brevissimi periodi alla fine del sec. XI e al principio del XII, e il trentennio dal 1327 al 1357, appartiene sempre all’ Ungheria, a Bisanzio, ai re e ai duchi di Bosnia ; i podestà sono quasi sempre marchigiani; i notai, i maestri, i medici, gli speziali sono di tutte le regioni d’Italia meno che veneziani2); il commercio è sino al 1370 quasi tutto in mano di marchigiani, e dopo il 1370 sino al 1420 in mano di fiorentini3). Eppure il linguaggio si venetizza ! * * * I nostri documenti colgono Spalato in una fase di venetizzazione che, se non è delle prime, non è nemmeno delle ultime. Il veneto ha fatto indubbiamente molta strada nel suo fatale cammino, ma non è riuscito ancora a vincere il dalmatico, che, nella seconda metà del trecento, ancora lotta e resiste bene. Questa lotta si manifesta non ’) Anzi, in un momento della storia spalatina del trecento, nel 1388, il comune, non potendo più sopportare lo strazio che del suo territorio di terraferma facevano i bosnesi e i clissani, dichiarò al re d’Ungheria Sigismondo d’esser pronto a rinunciare a una parte di questo territorio in cambio di qualche isola. Vedasi LUCIO, Memorie istoriche cit., pag. 336 sgg. *) Vedasi nell’appendice 11» l’elenco di questi salariati comunali. ’) I marchigiani ancora nel duecento, e forse prima, avevano senza dubbio la prevalenza nell'attività mercatoria spalatina. Li troviamo presenti e attivi sino al 1370 circa, e sono di Ancona, Fermo, Recanati, s. Elpidio ecc. L’ultimo a rimanere è un Firmanus magistri Conradi de Recaneto », ricco e potente, il quale anzi nel 1371 erige un fondaco organizzatissimo. Ma già dopo la pace di Zara (1358) i fiorentini, di cui bisognerà che qualcuno si accinga ad illustrare le relazioni con l’Ungheria, cominciano ad insediarsi. Primo è un Davanzati, Bernardo di Chiarino, di quella stessa famiglia che nel duecento aveva dato il noto rimatore del dolce stil nuovo e nel cinquecento lo storico traduttore di Tacito. Questo Bernardo già nel 1360 fa degli affari e nel 1363 pianta una statio. Dopo la pace di Torino (1382) lo seguono in folla altri suoi concittadini, come i Beccanusi, i Ricovrati, i Galli, i Macinghi, i Guidi, i Cambi, gli Ughi, i Peruzzi ecc. L’apogeo della potenza fiorentina a Spalato coincide con il dominio del duca Hervoie. Di veneziani invece pochissime tracce. Mentre i marchigiani e i toscani si contano a dozzine, di mercanti veneziani a Spalato, prima del 1420, non ne abbiamo trovati che cinque: un Domenico di Giovanni, che, tra altro, commercia in vallonea; un Englesco di Leonardo detto Maraviglia che compera e vende panni, argenti ecc., mercante veramente ricco, potente ed invadente, il cui figliolo ritroveremo a Jajze alla corte di Mattia Corvino; poi, meno attivi, un Antonio della Spada, un Pietro Qude e un Zannino di Ambrogio. Ci si risparmi la documentazione di questi dati, ricavati dall'Archivio di Spalato, documentazione che riuscirebbe lunghissima e sarebbe inutile ai fini del presente lavoro.