— 234 — nè a Spalato, nè a Zara, nè a Traù, ma Alessandro li e Gregorio VII e tutti i vescovi e tutti gli abati delle città italiane volevano avere incondizionatamente nelle loro mani la chiesa croata. E sotto Gregorio VII chiesa e stato sono una cosa sola. Pag. 538 sgg. Tutto il capitolo della Povijest che riguarda il re Slavizo non ha ragione di esistere. Questo re, secondo noi, va cancellato dal novero dei re croati. Fu nel 1666 che Giovanni Lucio, avendo trovato nel protocollo di un documento zaratino del novembre 1075, la caratteristica datazione: «ea tempestate qua comes Amicus regem Croacie cepit », e non trovando in questo tempo documentati altri re (Cressimiro era morto nel 1073) di terre croate se non un Slavizo ricordato due volte nel cartulario del monastero spalatino di san Pietro in Selo, argomentò che proprio questo Slavizo fosse stato fatto prigioniero. Da allora la congettura del Lucio si trascina di storia in storia. Noi, dato l’attuale avanzamento del problema, abbiamo buonissimi motivi per essere di altra opinione. Giova anzitutto ricordare che la regione nella quale Slavizo esercita il suo potere è la Maronia, un breve tratto di costa cioè che si estende alle foci del Cetina con Alinissa nel centro, e giova ricordare che questa Maronia visse quasi sempre di una certa sua vita differente e non troppo dipendente da quella della Croazia. Ora ci pare impossibile che il partito nazionale croato, sollevandosi nel 1073 portasse a suo re un quasi straniero che non aveva nè titoli nè diritti al trono di Croazia e trascurasse l’erede legittimo, il duca Stefano, che tanti meriti aveva verso la causa nazionale e che sino allora era stato il suo legittimo capo e valorosissimo sostenitore. Il fatto stesso poi che Stefano, il quale al momento della rivolta non se ne sarà certamente stato con le mani in mano, potè essere rinchiuso in un monastero presuppone una sua sconfitta e un suo arresto. Sappiamo ancora che i più gravi combattimenti tra normanni e croati avvennero ad Arbe e nel canale della Morlacca '), in territorio del duca Stefano2), mentre di nessun scontro avvenuto nella Maronia ci è stata tramandata nemmeno la più lontana memoria. Resta la questione del rex. titolo effettivamente portato da Slavizo. Questione di facilissimo, anzi naturale, scioglimento. È noto infatti che nelle regioni d’influenza bizantina, i «iudices»3) indigeni, man mano che l’influsso o il potere dell’impero va scemando, e la regione viene abbandonata a se stessa, assumono il titolo di «reges». Questo, come avvenne p. es. in Sardegna4), poteva, anzi era naturale che avvenisse nella Maronia. Non è senza significato il fatto che Slavizo è detto semplicemente «rex», senza alcun attributo. Pag. 565. Il Sisic crede che ». dall’ obbligazione di Zvonimiro a Gregorio VII sarebbe assai errato dedurre che il re di Croazia e Dalmazia con la sua coronazione fosse divenuto quello che per esempio era il duca normanno dell’Italia meridionale, cioè vassallo del papa nel senso giuridico laico di questa parola, poiché 1) La cosa risulterà dall* analisi di alcuni documenti sincroni che faremo in altra sede. 2) Non deve (ar meraviglia al Sisic (pag. 550, n. 36) che nei « Miracula s. Christophori », dove è contenuta la narrazione dell’assalto normanno dato ad Arbe nel 1075, sia ricordato il vescovo Domane, mentre nel novembre dello stesso anno la cronaca di Tommaso parla di un vescovo arbese Gregorio. Questa discrepanza è anzi assai caratteristica. Domane era vescovo finché Stefano era al potere, ed era certamente vescovo scismatico; Gregorio, senza dubbio vescovo latino, gli fu sostituito appena Stefano fu sconfitto. ' ) Un « Drosaicus Marianorum iudex * è ricordato da Giovanni Diacono (ed. Monticolo, p. 1 1 3) all’ anno 839. 4) A. SABA, Montecassino e la Sardegna medioevale, Badia di Montecassino, 1927.