— 192 — di riavvicinamenti, di contatti serbo-croati o serbo-bulgari, noi si potrebbe parlare — oggidì — di amicizia italo-jugoslava, magiaro-jugoslava, o dalle teorie di un poliistore secentesco si potrebbero derivare infiniti vincoli di intesa fra nazioni l’una ignara dell’altra. Un tanto sulle linee generali. In quanto a particolari, i casi stessi che si prenderanno qui in esame, varranno d’informazione. Il Murko ha ben ragione di dubitare che l’educazione spirituale e la coscienza nazionale dello sloveno Adamo Bohoric possano essere state influenzate dalle idee universali dell’ Umanesimo e del Rinascimento e dai poliistori che poi proseguivano sulle loro orme » ’). Per rendere più persuasivo siffatto dubbio noi vorremmo ricordare che il Bohoric è stato scolaro di Melantone all’ università di Wittenberg, ove, secondo la moda degli umanisti dall’ allora, era intento non solo agli studi di humaniora, ma s’occupava anche dello studio dell’ebraico. E, giacché il M. accenna che il Bohoric risente l’influenza dell’umanista boemo Zikmund Hruby z Jeleni, sta bene aver presente che con ciò stesso il Bohoric deve essere venuto a contatto con quella cerchia di umanisti boemi che, pur infatuati di classicismo, erano animati da fervente amore patrio e tendevano preferentemente alla rigenerazione morale e religiosa dell’ umanità. Specialmente egli deve aver assorbito le idee della scuola di Viktorin Kornel ze Vsehrd, il quale da un lato rispecchia le idee riformatrici del preluteranismo e dall’altro è preso da grande amor patrio per i cèchi e gli slovacchi, che vorrebbe condurre alle vere fonti di una solida educazione religiosa (Jan Jakubec, Déjiny liieralury ceské, Praga, 1910, vol. I, pag. 244). Che nel Bohoric poi, cioè nelle sue opere, ci siano tracce d’un’erudizione umanistica, nessuno potrà negarlo: bastino ricordare le sue fantasticherie sulle origini dei Heneti slavi prima di Troia e le sue classiche etimologie di toponimi 1 II suo «slavischer Bewusstsein» vada quindi inteso cum grano salisi Ma in generale è da credere che l’influenza dell’umanesimo, e più precisamente del rinascimento cristiano, nell’ opera dei riformatori jugoslavi sia molto più intensa e più constatabile di quello che finora si è pensato. Anche il M. dimentica di precisare o almeno abbozzare quanto di « luterano « e quanto di umanistico ci sia stato nell’opera dei protestanti e, per analogia, dei restauratori cattolici. Difatti se si pensi bene che < Luther war viel mehr ein mittelalterlicher Mensch, abergläublich und weitabgewandt, als der von ihm bekämpfte Papst: dieser stand den Humanisten innerlich viel näher als jener. Der Humanismus war die Vorstufe der Aufklärung, nicht das Luthertum» (Q. Steinhausen, Geschichte der Deutschen Kultur, Lipsia-Vienna, 1904, p. 490); che l’umanesimo in Germania è stato un pioniere (non antireligioso ma anticlericale) ed un alleato del protestantesimo; che l’umanesimo in genere ha favorito lo svolgimento dell’individualità, ha dato grande impulso alla geografia (viaggi) ed alla storiografia (l’uomo universale, l’Exegesis Germaniae di Franz Irenikus), ha promosso gli studi di lingue orientali (cfr. J. Burckhardt, La Civiltà del Rinascimento, trad. it., Firenze, 1876, vol. I, p. 235) ed ha contribuito pure alla formazione della lingua nazionale (Burckhardt, op. cit. II, 143 s.); che infine lo studio umanistico della lingua materna non è stato pura filologia, ma manifestazione d’ amore alla propria terra e alla propria nazione (L. Geiger, Renaissance und Humanismus in Italien *) « Slavia », A. IV, (as.. 3, p. 506.