— 22 — (pag. 29). Peccato che la tragica morte del Nostro, avvenuta in Ancona pochi mesi dopo la pubblicazione delle «Regole», abbia lasciato in tronco la grammatica volgare, e dispersi i suoi commenti, che devono essere stati di grande valore, a giudicare da quelli che si trovano intercalati alle «Regole». Vediamone alcuni. Dante Div. Com. 1 28, 79: Maremma non cred’ io che tante n’ abbia, Quante bisce egli avea su per la groppa, Infin dove comincia nostra labbia. Il Fortunio osserva (c. 33 retro) : « A me non piace la interpreta-tione del Landino, che chiama il ventre labbia, perchè in quella è la fece che in latino è detta labes». E coll’autorità di Cino da Pistoia, Guido Cavalcanti, Petrarca e d’altri luoghi di Dante spiega labbia con aspetto umano. Id. Ibid. I 28, 79: Gittati saran fuor di lor vasello, E mazzerati presso alla Cattolica, Per tradimento d’un tiranno fello. E il Fortunio (c. 40): «Cioè, che gettati sarian fuor della lor barca, et annegati : perchè la propria significatione di questo verbo macerare è tale, come in più luoghi si po’ vedere nelle novelle di messer Giovanni Boccaccio. Onde il Landino, male quel loco interpretando, disse, che l’anime loro saranno cacciate del corpo, che è come vasello delle anime ». Questo verso erroneamente stampato (Id. Ibid. 1 30, 21.): Tanto dolor gli fe' la mente torta; Tanto dolor la fe’ la mente torta; il Fortunio (c. 13 r.) corresse in Tanto dolor le fe’ la mente torta; accusando il Landino, che seguì la prima variante, di essere di questa come dell’altre regole della volgar lingua trascurato osservatore. 11 pronome si riferisce ad Ecuba. Id. Ibid. 1 31, 110 Allor temetti più che mai la morte, E non v’era mestier più che la dotta, S’io non avessi visto le ritorte. 11 Fortunio (c. 46) nota: Dotta, temenza (con falso etimo), «et quindi viene dottanza il medesimo significante : et è il sentimento, che la sola paura era bastevole a far morire Dante, se non si fosse rassicurato,