- 167 — italiana e forma slava e nell’uso delle stesse forme slave dimostrerà significativa incoerenza. Il Ljubic, o Gliubich come egli stesso si scriveva in italiano, il quale nel suo « Dizionario biografico degli uomini illustri della Dalmazia» ancora nel 1856 ha mantenuto tutte le forme italiane degli allotropi dalmati, nell’« Ogledalo Knjizevne poviesti Jugoslavjanske » del 1869 ha slavizzato ogni possibile, talvolta impossibile, cognome dalmato. Consimili incongruenze offre anche la « Geschichte der Siid-slavischen Literatur» del Safarik (1865). E le offrono pure altre opere che sarebbe inutile citare qui. Onde nel corso della seconda metà del secolo diciannovesimo si vedono non solo confondersi ora forme slave ed ora forme italiane d’uno stesso nome, ma s’incontrano forme come Vetrame, Vetranovic, Slade (Dolci), Sladic, Sladcic, Sladovic. In questo periodo di tempo, che dalla metà del sec. XIX va ai giorni nostri, da parte italiana non si riscontrano, lodevolmente, tutte quelle storpiature onomastiche che or ora sono state segnalate fra i Croati. Oltre che le pubblicazioni periodiche dell’epoca rispettiva, prove ci porgono tutte le opere che da quest’ epoca risalgono. In « Cenni Biografici di alcuni uomini illustri della Dalmazia» (1887) di S. Ferrari-Cupilli, p. es., si profilano le solite e tradizionali forme latine dei doppioni dalmati e si accolgono anche voci slave che non hanno corrispondenti forme italiane. Lo stesso metodo è adottato dai prof. Be-nevenia, Brunelli, Gelcich nelle loro opere storiche. Non si danno casi, in cui da parte italiana si ecceda nell’onomastica alla maniera croata. Anzi, se mai, per irriflessione o per insentita influenza del dilagare delle pubblicazioni jugoslave, qualche forma latina di dittologie meno comuni passa inosservata e cede il posto alla rispettiva forma slava. Oppure si fanno strada certe forme slave che in altri tempi scrittori italiani o scriventi in italiano avrebbero senz’altro evitato. Specialmente in ciò peccarono eccessivamente autori di Storie letterarie serbo-croate scritte in italiano e con i loro opuscoli divulgativi divulgarono il malo uso delle dittologie. Melchiore Lucianovic nella « Storia della Letteratura slava (Serba e Croata)», edita a Spalato nel 1880, in generale preferì la forma slava di tutti i cognomi dalmati, indicando a certi, tra parentesi, la forma italiana ed ignorando la forma slava in pochissimi casi (Bettera, Gavagnini, Giorgi, Zuzzeri). Domenico Ciampoìi in « Letterature slave » (Milano, 1889) adottò non solo nomi di persone o di famiglie ma anche toponimi slavi; sicché fra qualche raro «Gundulic o meglio Gondola, Zuzzeri, Della Bella, Medo Pucic o Orsatto Pozza » e i compassionevoli « alfabeto bukvico, Dinko Banija (per Ragnina), Mario Urbini, Truper (per Trubor), Buzic (per Drzic), Tommaseo fra i poeti dell’illirismo croato » fanno capolino candidamente Dubrovnik, Hvar, Bruerovic, Gvozdenica ecc.