183 MDXXVII, MAGGIO gnate, che questa nostra república sarà sempre oltre allo obligo prontissima ad exponere il tutto per la salute comune, et del pagamento di soldati, et altre cose necessarie non si mancará, come si • faceva prima, supplicandola vogli digitarsi di non mancar lei per questo nè di affeclione nè di quella bona volunlà che ha mostrà sempre verso di noi et de le imprese dette, offerendoci ancor noi al mederno. Bene valeat Vostra Excellenza. Ex palatio fiorentino, die 17 Maii 1527. Excel len tissimae Vestrae Ex-cellentiae Vili viri Pbaticae FLORENTINAE ReiPUBLICAE. Extra : Illustrissimo Principi et domino, domino Francisco Mariae de Pmvere duci Tirimi etc., et Illustrissimi Domimi Venetia-rum capitaneo generali, fratri et amico alarissimo eto. Per lettere di missier...... de 18 Maso 1527, date in Civitella a la signora duchessa di Urbino. Che il di soprascritto, el signor duca de Urbino con il suo esercito arrivò et allogiò a Civitella. Che si ha inteso per la sfrata,che li ricoverati in casa di madama di Mantoa si erano composti di pagare a spagnoli 26 milia ducati. Che li lanzchinech inteso questo, havevano voluto sachegiarla, et datoli una battaglia et non conquistatala, stava per componersi un’ altra volta. Che il ditto dì di sopra, uno homo del signor Nicolò dalla Rovere habi ditto al prefato signor Nicolò,. per bavere hauto notitia per persone di fede, che la prefata Madama si era partita di Roma il dì antecedente da mattina con tutta la sua famiglia et roba et imbarcatasi, però si existimava per Napoli. Che li inimici hanno electo per loro capitaneo generale il principe di Oranges, et hanno redutto tulto lo exercito in Borgo. Che hanno facto stretti bandi che non si sacheg-gi più, nè se fazzi presoni, et siano liberati quelli che non fussero ancor stati liberati, et ogniun torni et possi liberamente stare a casa sua. Che al castello par non habino ancor fatto tentativo alcuno, nè de batterie, nè de mine, nè de trinzee, nè di altro. Che s’intende, molti de nemici partirse da Roma con la preda per salvarsela alla volta del regno. Che la cavalcata la qual fece il signor Federico da Bozolo per tentare se poteva liberare il Papa, passoe in questo modo : Che andando verso Roma, cascò tre volte et la terza fu vicina al castello circa doi o tre miglia, de la sorte che per prima ha scritto, et per intelligentia fu che il cavallo gli se reversò sopra et premetelo in tanto con 1* arzione, che gli fracò l’armatura sul petto, et che 'I stava molto male, el il caso Suo non è senza dubio dela vita. Che poi el signor Federico predetto commesse al signor Paulo Pietro Liviano, che andasse lui a far la cosa, poi che esso non poteva andare. Che andando, gli sopragionse una grandissima 1l ambastia, di sorte che impedito quasi de tutti i sensi, non potè neanche esso fare altro che disarmarsi et reha versi', con grandissimo stupore de quelli che li erano a presso. Che essendo la cosa rimasta nel conte Ugo di-Pepoli solo, neanche esso potè darli altro effetto, et quanto si fece fu che se spinseno sotto il castello cerca sepie cavalli per havere nuova de nemici, et doi de questi arrivono fino in su le fosse del castello senza obstaculo alcuno, o haver trovato altro che due guardie lì, de modo che esso signor Paulo Pietro tiene che, havendosi potuto spingere secondo F ordine dalo, facilmente se sarebe potuto cavare il Papa quanto per loro nemici, ma dentro non havevano però potuto fare havere segnale alcuno de la cosa, perchè forsi gli haria tanto potuto sopra-sedere, che sariano stati sforzali, però che essi non andavano se non con modo de rubare. Che vedendosi questi segnali et altri, et la difi-cultà del tempo così pluvioso et terribile, pare a lui che scrive che sia guidato da Dio, che non voglia che si possa dar remedio a tanta mina, et che fitto ad Ambrosio, il quale è un buffone del Marchese de Mantoa, el quale era arrivato in quella sera, li Ita ditto che Dio ce la doveria chiarire specialmenle. Per lettere del medesimo, de 19, del ditto. Che ’1 viaggio del campo da Orvieto a Neppi è reussilo più longo che non fu mesurato. Che in doi dì non havevano potuto arrivare più avanti che a Casale, lontano da Neppi tre miglia, con tulto che alla mesura loro havessero nel dì sopraditto caminato trenta miglia. Che il signor Capitanio duca di Urbino, alti 2U cavaicarebbe senza lo exercito per andare a trovarsi col marchese di Salucio.