— 174 - cui c’è un tipico caso nel doc. a. 1089 (Racki, n.ro 125), sia da ritenersi quale un esempio infiltratosi fra gli slavi e appartenente alla pratica romana. Le nostre carte medievali, a proposito di questo istituto giuridico, hanno evidenti analogie con le carte ravennati: basta, per convincersene, confrontarle con i documenti delle grandi raccolte diplomatiche del Marini e del Fantuzzi; come basta ricordare, per la ricezione dell’ istituto da parte degli slavi, il documento del 1070 (Racki, n.ro 61), raffrontandone le caratteristiche frasi, riferentisi alla traditio, avvenuta pub li ce, coram vicinis, con disposizioni e frasi tecniche analoge, accolte nel Codice Teodosiano, Vili, 121, e III, 1, 2. Si pensi inoltre all’ ambulaverunt per totas ierras del doc. a. 1090 (Racki, n.ro 127), e lo si metta a confronto con l’interessante espressione di Paolo: ci reuma mbulare omnes glebas, riportata al libro XLI, 2, 3, § 1 del Digesto. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Il prof. Checchini si occupa anche, sebbene di passaggio, degli organi incaricati dell’ introduciio solemnis, che da noi sono i tribuni i quali poi assumono anche altri nomi; ed è solo da rammaricarsi che l’autore non abbia avuto la possibilità di prendere in esame, oltre a quello del Kukuljevic, che più non soddisfa, che il solo primo volume del Codex dipi, dello Smiciklas; e, fra gli statuti, quelli di Scardona, su la fede del Mayer, unicamente: la qual cosa gli impedì di perseguire più oltre lo svolgersi dell’istituto fino ai secoli XIII e XIV e di trovare nuove conferme al suo supposto. Ma, pur confessando di non aver competenza nel discuter di cose slave (pag. 187), il Checchini colpisce perfettamente nel segno, affermando che il prestaldus, incaricato di eseguir l’immissione in possesso, «non ha di slavo che il nome», (pag. 186). Cosi, aggiungiamo noi, tutto l’istituto rimane romano nella sua essenza e nel suo sviluppo ulteriore; e il savod, il savodzare, che si ricordano sovente nei documenti, e in particolare nelle sentenze in seguito a processi di proprietà, non sono altro che la perambulatio e il perambulare: espressioni e istituto prettamente romani. Ma su l’argomento speriamo altra volta di pubblicare il risultato delle nostre ulteriori ricerche. Utilissimi raffronti si potranno anche fare, per l’ulteriore sviluppo dell’istituto, con le disposizioni del diritto veneziano su la pubblicità delle vendite, studiate egregiamente dal Checchini, le quali hanno spesso influito in senso derogatorio alle originarie disposizioni dei nostri statuti municipali. Ugo Inchiostri. CAMILLO DE Franceschi, Chartularium Piranense. Raccolta dei documenti medievali di Pirano, con una dissertazione sulle origini e lo sviluppo del Comune di Pirano, voi. I, Parenzo, 1924. Giova segnalare agli studiosi di cose patrie questo poderoso lavoro di Camillo de Franceschi, il dotto vice-bibliotecario della Comunale di Trieste, e per l’interesse diplomatico e storico dell’ opera, e per gli accenni che si possono riscontrare nei documenti piranesi dell’alto medio evo a nomi dalmati di località e di persone: accenni che provano le molte attinenze e relazioni commerciali, e marittime in ispecie, delle città istriane coi nostri municipi. 11 de Franceschi premette al suo Chartularium una densa e ben documentata monografia, in cui sono studiate, con profonda originalità di vedute, le vicende del municipio di Pirano dal primo ricordo di questo castrum nella Cosmographia del Ravennate a tutto il secolo XIV, epoca in cui Pirano, sotto l’influenza di Venezia, dà un assetto definitivo al suo comune.