- 49 - non poteva nè doveva attingere gli elementi dell’atto dalla viva voce del pubblico, ma il pubblico stesso era in obbligo di fornire in iscritto al notaio gli estremi dell’atto, a cui poi nella cancelleria si dava forma pubblica e si conferiva forza giuridica. Questi casi sono: 1) la redazione dei testamenti, 2) la compilazione degli inventari dopo la morte di qualcuno a cura dei suoi commissari testamentari o dativi, 3) la compilazione degli inventari dei beni dei minori a cura dei tutori, 4) la compilazione degli inventari di divisione. Quanto ai testamenti lo Statuto ordinava : « quod quilibet, qui uolet facere suum testamentum et ultimam uoluntatem, si scit et potest scribere, illam possit scribere sua manu propria____ et eam dare cancellano communis clausam et sigillatam coram examinatore et testibus iuxta consuetudinem ; et si nesciat uel non possit scribere sua manu propria, illud faciat ac teneatur facere scribi manu alicuius boni et legalis notarli publici... deinde illud clausum et sigillatum debeat presentare cancellano comunis...» '). Nella redazione dei testamenti bisogna dunque distinguere due fasi: la prima che avveniva in forma e luogo eminentemente privati, e la seconda che avveniva nella cancelleria del comune. In una terza fase, cioè dopo la morte del testatore, i cancellieri erano tenuti ad aprirli, a leggerli in presenza dei commissari e degli eredi, e a registrarli per intero negli atti della cancelleria. Di regola la parte redatta privatamente è volgare, e la cancelleresca latina. Sventuratamente nessun originale olografo ci è pervenuto, ma numerose sono le trascrizioni cancelleresche ; trascrizioni che, data la natura estremamente delicata dell’atto e la grande possibilità di contestazioni, non erano, come quasi sempre, traduzioni in latino. Di testamenti così trascritti diamo due esempi soltanto2): l’uno è il testamento del canonico Giovanni Stragotini (doc. n.ro V) e l’altro di donna Caterina figlia di Jacopo d’Andrea (doc. n.ro IX). Ne limitiamo il numero perchè, nella forma in cui ci sono pervenuti, limitato è anche il loro valore come documenti del volgare dalmatico. Lo studioso, nell’usarne, dovrà andar cauto e tener il debito conto della risciacquatura che la prosa originale dalmatica può aver subito durante la trascrizione. Tuttavia il loro primigenio colorito non è completamente scomparso. Specialmente in quelle parti, nelle quali il notaio non aveva una sua formula dotta e polita da sostituire, questo colorito è anzi vivissimo. Passiamo agli inventari. E anzitutto agli inventari dei beni di persone morte, compilati dai loro commissari. A questi commissari lo ') Statuto cit., pag. 297. 2) Chi però volesse spigolare nell’ Archivio di Spalato potrebbe trovarne in ogni protocollo. In numero maggiore occorrono nel voi, Vili. 4