- d - Sebenico, F. Carrara a Spalato, M. Capor e N. Ostoich a Curzota, N. Niseteo a Cittavecchia, U. Raffaelli a Cattaro ed altri ancora. La «Gazzetta di Zara» dal 1832 al 1848 ci offre degli studi di grande eccellenza, messi insieme con squisita dottrina e con critica fine da quei dalmati egregi. Di molto prezzo furono le collezioni lapidarie e numismatiche da essi lasciate, le schede manoscritte che le illustrano, le monografie da loro messe insieme e rimaste inedite. Alcuni scrittori, che vennero dopo di loro e fiorirono nella seconda metà del secolo decimonono, si fecero conoscere nelle prime loro pubblicazioni coi lavori di quei valentuomini, che andavano superbi di rappresentare le idee e il progresso dello splendido periodo italo-francese. P. e. il Gliubich nel suo «Dizionario degli uomini illustri della Dalmazia» si è servito del materiale biografico, già raccolto e reso di comune ragione da loro, specie dal Ferrari e dal Raffaelli; mentre le sue prime monografie sulle iscrizioni e sulle monete greco-romane, stampate nei «Contoresi» dell’imperiale accademia a Vienna, derivano dal Niseteo e dall’Ostoich. Ma fra tutti i suoi comprovinciali, per conoscenze vaste e profonde, specie per franchezza e liberi sentimenti, emerge il Niseteo: nel primo suo scritto « Filologia patria » si oppone tosto alle teorie degli slavisti e nega loro che gli llliri sieno stati slavi, caposaldo di tutte le loro deduzioni '). Gl’ llliri — insegnava il Niseteo ancora nella prima metà del secolo XIX — sono paralleli ai Celti, ai Baschi e agli Albanesi. Come nella Spagna e nella Francia, dopo il dominio romano e le irruzioni barbariche, delle popolazioni antiche restarono i Celti e i Baschi, così non è meraviglia, se gli avanzi del valoroso e bersagliato popolo dalmata si fossero raccolti e rifugiati nelle montagne dell’Albania, e che perciò, trasportatasi colà con esso loro la lingua, andasse smarrita nella Dalmazia. E se ad estinguere questa lingua non fosse bastata la conquista romana, lo avrebbero fatto le orde degli Slavi, i quali, risparmiando l’Albania, innondarono la Dalmazia, devastandola ed incendiandola: anzi per somma sventura di quella provincia, vi fissarono la loro dimora, portando ignoranza e barbarie, dove prima erano civiltà e gentilezza. Si allontanano quindi dal vero coloro, i quali cercano in Dalmazia la lingua slava, prima ch’ella soggiacesse all’invasione del popolo di questo nome2). Se gl’llliri fossero stati siavi, dovrebbe la Dalmazia offrire il più grande numero di voci slave nei nomi antichi; invece fra centinaia di nomi, rimasteci nelle iscrizioni latine, non ce n’ è ‘) «Gazzetta di Zara», an. 1835, n.ro 11. 2) Ibid., an. 1838, n.ro 41.