— 106 - poco amarlo, e tutte le difficoltà di amare un oggetto sì infinitamente amabile viene dal non conoscerlo » (lettera a Mons. Prini), alla conoscenza di Dio e dei divini attributi il Rogacci dedica tutto il primo libro dell’opera, che riesce cosi un completo trattato di Teodicea; lavoro tanto più notevole che a un simile argomento, esposto con tanta ampiezza, era finora riservato quasi sempre l’uso del latino. Dopo aver presentato ai lettori la singolare nobiltà ed elevatezza della scienza del divino, che trasporterà i loro animi in regioni di bellezze ed armonie insospettate, ed i mezzi necessari per ottenerla, l’autore passa a discorrere in singoli capitoli, mirabili per lucidità e calore di esposizione, dell’esistenza di Dio, attestata dagli esseri creati, e delle sue perfezioni: aseità, eternità, semplicità, infinità, immutabilità, immensità, onniscienza. Segue quindi la trattazione della potenza divina, della sua infinita bontà e suprema bellezza. Di particolare interesse è quest’ ultima parte, in cui il Nostro s’interna nella considerazione del bello naturale, per assurgerne a quello della Bellezza suprema, ispirandosi a concetti di Platone e S. Agostino. «Se tanto luminosi sono i crepuscoli, quale sarà il Sole?» (Cap. XXVIII, n. 4) esclama commosso l’autore levandosi dalla contemplazione delle bellezze sensibili a quella del Bello increato. Il secondo libro dell’ Uno necessario tratta «dell’amore affettivo ad un oggetto sì eccellente e sopraperfetto » (Lettera a Mons. Prini) e forma secondo noi la parte migliore di tutta l’opera. Il Rogacci, pur non rallentando il corso dei suoi ragionamenti, vi trova maggior agio di effondere tutto l’ardore della sua anima innamorata di Dio e piena di benignità per gli uomini. Giustamente si potrebbe intitolarlo il libro della giocondità spirituale. Ne risulta una netta opposizione col rigorismo freddo ed accigliato delle dottrine gianseniste: i principi della corruzione irrimediabile dell’uomo, dell’inerzia della sua volontà, dell’impenetrabile mistero della predestinazione divina e dello scarso numero degli eletti riducevano la vita spirituale presso i seguaci di Giansenio a una paurosa ossessione. L’esistenza era continua trepidazione, la salute si conquistava in tremore et timore. Quindi le austerità, le penitenze, la vigilanza contro ogni infiltrazione del sensibile diventano il torturante dovere della vita. Ben diverse le dottrine spirituali del Nostro!