- 273 - N. Tommaseo: Venezia negli anni 1848 e 1849. Memorie storiche inedite, con aggiunta di documenti inediti e prefazione e note di Paolo Prunas. Voi. 1. Le Monnier, Firenze, 1931. L’opera vastissima, poliedrica, tempestosa, e anche, si, frettolosa e aspra e strana di un uomo che, come Niccolò Tommaseo, ebbe un’anima ed una mente originalissime, ed un carattere dei più scontrosi e complicati, sembra creata a posta per disorientare il critico, che di fronte ad essa sente l’immensa difficoltà di ricondurla tutta a un unico punto di vista, di dominarla completamente e quindi di equamente giudicarla; anche perchè, bisogna riconoscerlo, al Tommaseo non è riuscito che assai di raro di essere un artista in sè compiuto, un pensatore sistematico e coerente, per quell’irrequietezza d’animo, per quell’ansia di sempre nuove esperienze, per la mobilità stessa del suo pensiero, che gli impedivano di sostare in quella calma così indispensabile per fare che il fermento ancora torbido delle idee e dei fantasmi nel primo momento della creazione, si plachi e schiarisca, e prendano quelle e questi la loro forma definitiva. Pertanto il Tommaseo, con un ingegno acutissimo e versatile, sorretto da una cultura formidabile, potè spaziare in quasi tutti i campi, della critica filologica, della critica storica e di quella letteraria; dell’arte nelle sue manifestazioni più diverse; del folklore, della filosofia, dell’ estetica, della pedagogia e della didattica; delle scienze politiche economiche e sociali, dovunque tentando di avanzare, cercando audacemente vie nuove, creando ricche possibilità di sviluppi originali, ripresi poi da altri; lasciò un’incomparabile dovizia di frammenti bellissimi, ma nessuna opera nella quale tutti i rari aspetti del suo multiforme ingegno si riflettano in compiuta armonia, ma nessuna opera in cui ci sia l’artista o il pensatore che si scava laboriosamente e imperturbato la sua via, e non ondeggi continuamente fra una tendenza e l’altra, amandole tutte senza riuscir a godere di nessuna. E non che egli non aspirasse a libri organici, non che a lui mancasse, e come uomo e come scrittore, quel punto in cui le forze si concentrano tutte e sempre, volte ad un fine unico. Il quale punto e il quale fine sono per il Barzellotti (G. Barzellotti : Dal Rinascimento al Risorgimento2, Sandron, Palermo, pp. 312-313) rispettivamente il sentimento morale e 1’ educazione per mezzo del sapere. Giudizio storico della personalità del maestro che il Gentile afferma esatto (G. Gentile: G. Capponi e la cultura toscana nel secolo decimonono, Vallecchi, Firenze, 1922, pp. 187-188), se, « invece che di sentimento morale, si parla piuttosto di idea della vita: idea religiosamente, anzi cristianamente e cattolicamente morale. Idea non certo sua, sostanzialmente, poiché essa è legata al gran nome del Manzoni: ma da nessuno come dal Tommaseo portata, per cosi dire, alla prova del fuoco, e propugnata con operosità instancabile nel dibattito di tutti i giorni e per tutte le questioni morali;... recata in mezzo alle più accese passioni e alle più radicali aspirazioni sociali e civili del tempo suo ». Era invece la tempra del suo intelletto che lo induceva, nella pratica, e * casi della vita lo sospingevano, a procedere altrimenti. Egli non poteva sottrarsi in alcun modo all’ impellente bisogno di fermare sulla carta tutto ciò che so