— 185 — profittarono dei loro contatti con l’Italia — spiega l’a. — e secondo il « proprio modello •> « costruirono una civiltà propria » corrispondente alla loro « mentalità », al loro «gusto» ed al loro «temperamento». In * certe regioni» — continua l’a. — già nel s. « X » si incominciarono ad usare alcuni libri liturgici redatti in lingua slava (bulgara!) da Cirillo e Metodio, gli apostoli slavi che nel secolo nono concepirono l’idea di una chiesa nazionale slava. Più tardi, molto più tardi — ma 1’a. tace questo trapasso 1 — apparvero singole opere morali e « didattiche» per l’edificazione dei credenti, recte, del basso clero. Sono singoli compendi, frammenti di visioni, di vite di santi, di racconti morali, di Somme e di Fiori, tradotti o rimaneggiati primitivamente senza il minimo senso d’arte. Assieme a questi apparvero qua e là singoli saggi di lirica religiosa facenti capo a qualche salmo, a qualche preghiera o inno religioso e sinanco a qualche laude. In ¡stretta relazione con questi primi indizi di letteratura o piuttosto di cultura religiosa sono anche — benché 1’ a. li tratti a parte dopo la letteratura popolare o tradizionale — certi scritti apocrifi dedotti da sacre leggende, da vite di santi, in genere da sacri testi e benché anche questi abbiano 10 stesso carattere e lo stesso valore delle opere precedenti, pure riescono più interessanti, perchè più tardi, trasformati e aggiornati, appariranno nuovamente nelle opere di vera letteratura, sia scritta che orale. Un passo più avanti e più in là dalla Chiesa — benché sorte e curate in ambiente prevalentemente chiesastico — ci portano le Sacre Rappresentazioni, le quali, venute dall’ Italia con un livello artistico già basso, si immiserirono ancor più in mano a pochi e goffi laici, che non seppero dare loro nessuna nuova nota o colorito locale. Fuori della cerchia chiesastica sono invece quei canti e racconti della società cavalleresca occidentale, che italianizzati arrivarono sino alle sponde orientali dell’Adriatico e stuzzicarono forsanche la vena poetica dei primi cantori popolari fra gli Slavi di queste regioni, i quali pur trovandosi di fronte ad un mondo loro nuovo, estraneo, ne seppero cogliere e tramandare qualche nota particolare. Questo il quadro che nei loro primi orientamenti culturali e letterari gli Slavi dell’ « oltre Adriatico » di sè lasciarono nel corso di tutto il medio evo. Medio evo, la cui fine in questo caso sarebbe bene fare coincidere con la caduta di Costantinopoli — come avevano proposto certi storiografi delle generazioni passate — anzi che con la scoperta dell’America! Nuova tappa nella attività o evoluzione degli Slavi adriatici è il rinascimento italiano. Il Rinascimento che in tutta Europa ha dato inizio ad una nuova èra di civiltà, non poteva restare senza effetto in Dalmazia, ove le intensificate relazioni con l’Italia e l'intensificato afflusso di Italiani crearono un ambiente quanto mai propizio anche fra gli Slavi (millieu slavisé) e ove gli Slavi stessi, dotati di « forza di resistenza », di «innata forza psichica - dimostrarono «ricchezza d'animo» e interesse speciale per i nuovi «valori spirituali». Apparve cosi tutta una schiera d’umanisti: Elio L. Cerva, si preso dal mondo antico da sprezzare tutto ciò che non fosse « greco o latino »; Gozze, poeta trilingue che concilia le « varie tendenze della sua epoca » ; Sisgoreo, poeta latino che « ama » il suo popolo e s’interessa vivamente di poesia popolare; Marulo «umanista religioso» che «ama sopra tutto» i suoi «compatriotes », 11 popolo che non conosce « nè il latino nè l’italiano», che all’umanesimo trapiantato in Dalmazia dà un « carattere locale », che nelle proprie opere « non ha quasi traccia della letteratura italiana del Rinascimento » ecc La città, che più d’ogni altro centro dalmato contribuì alla formazione d’una letteratura slava in Dalmazia, fu Ragusa. Perciò l’a. trascurando quanto gli altri Slavi di Dalmazia e in genere del « Littoral Adriatique » conseguirono nel corso dei vari 13