— 112 — Questo dominio sicuro e costante delle proprie facoltà e inclinazioni — così bene realizzato dal Rogacci nella sua esistenza, — per cui l’anima è disposta a qualsiasi rinuncia e sofferenza pur di evitare un’offesa, anche leggera, alla legge divina, questo conato incessante di agire sempre e unicamente per la gloria di Dio e la sua maggiore soddisfazione, come le ascensioni alle più ardue vette alpine, non sono scevri di pericoli e abbisognano di una guida sicura, che il Nostro addita nella virtù della santa ubbidienza, descritta ed ampiamente analizzata. Ma quest’amore sovrano non deve escludere l’amore naturale verso gli altri esseri nè verso sè stessi, purché siano gerarchicamente subordinati al primo; talché « nel purissimo amore la particolar varietà di tutti i nostri amori, quasi in comun centro e fine, si unisca » (n. 1). A lungo il Rogacci dimostra agli amanti del secolo che nelle anime perfette l’amore di Dio non si scompagna mai dall’amore e della natura e degli uomini, di cui sono — a imitazione di Cristo — i migliori benefattori. Quindi, portato dall’argomento stesso, tratta delle penitenze ed austerità corporali, che è ben lungi dall’abolire come volevano i Quietisti, ma nell’uso delle quali raccomanda cautela e prudenza, restando sempre il sacrifizio della propria volontà la penitenza più gradita a Dio. Nociva ai progressi dell’anima la superbia, la vanagloria, a sradicare le quali serve l’aspirazione a una vera e profonda umiltà, che forma l’oggetto di lungo studio da parte dell’autore. Ma anche chi è sulla via della perfezione non vien risparmiato dalle più dure prove e amarezze, acutamente descritte dal Nostro: bufere passionali, aridità, umiliazioni, inazione e noia, contro le quali il Rogacci cerca d’irrobustire l’animo con norme sapienti di esperto pedagogo. In tutto questo lento lavorio di perfezionamento non fa d’uopo però che l’anima rinunci alle pure gioie dello spirito e alle illustrazioni della mente, avendone bisogno nell’arduo cammino. Tale ci si presenta il quadro armonico ed equilibrato della vita spirituale cristiana, in cui l’uomo è chiamato ad agire e combattere continuamente, tracciato con mano ferma dal Rogacci in netta antitesi colle esagerazioni della scuola quietista. Giunto alla fine dell’opera, dopo aver con uno sguardo sinteticamente abbracciato tutta la materia trattata, il Nostro rivolge al lettore una calda