- 56 — avvolta in un turbante, alia maniera dei patriarchi e profeti trattati nell’arte dei sec. XVI e XVII. La sua mano sinistra sollevata era sufficientemente conservata; fu perciò staccata assieme all’intonaco e trasportata al Museo come unica parte di quell’affresco che fosse meritevole di venir salvata; è, vista di scorcio da sotto in su, bellissima, perfetta nel disegno. Nella parte superiore della parete le pitture erano quasi totalmente distrutte; tuttavia, a osservarle con attenzione, vi si riconoscevano delle persone drappeggiate, alcune delle quali in movimento, altre sedute, qualche albero, una scala a piuoli... Erano insomma resti così miseri, che non ci si pensò due volte prima di farli sparire sotto un nuovo intonaco. Non pensiamo di riassumere la nota questione se lo Schiavone abbia decorato il catino dell’abside con un affresco rappresentante il Giudizio Finale e — come vogliono alcuni — la Gloria dei Santi (comunque uno solo dei due soggetti può aver trovato posto nel catino; l’altro avrà decorato la parete soprastante). Ciò sarebbe avvenuto al tempo dell’arcivescovo Natale Venier (1577-1588); le testimonianze che lo affermano sono tut-t’altro che disprezzabili. Ad ogni modo, e benché quei resti di pittura fossero ben povera cosa per giudicare del loro pregio, l’artista che affrescò quella parete non deve essere un ignoto. Le nostre indagini poterono stabilire che la distruzione di queste pitture risaliva a un’ epoca anteriore ai restauri e abbellimenti fatti eseguire nel 1780 dall’arcivescovo Carsana. Risultarono negative le ricerche di tracce di affreschi sulle pareti sopra la linea dei matronei. \