— 219 — La conclusione finale dello studio del R. se non è stata l’ispirazione principale del suo lavoro, è per lo meno un’ energica reazione alle teorie di Skok (Slavia, X, 493) e di Ivsic (Grada, 11, 10), i quali insistono ancora sulla possibilità di «une espèce du cakavien-ikavien plus on moins stokavisé » che siffattamente si sarebbe parlato a Ragusa, dagli Slavi, prima dell’ « apparizione » della così detla letteratura in lingua slava. Il lavoro del Resetar, oltre che per la sua poderosa illustrazione linguistica, è interessante anche per l’ampia introduzione, in cui non solo ci fa la storia particolare dei suddetti manoscritti, ma in genere parla del significato che ebbero nell’ esotica letteratura slava di Dalmazia. Qui però il filologo più volte cede il posto allo storico ed al critico letterario ed al posto della così detta « certezza matematica » subentra l’ipotesi, la deduzione ecc. Ipotesi, davvero giusta, è già l’osservazione ricordata prima a proposito dei lezionari croati che sembra non siano stati in uso nelle chiesuole ove si officiava in paleoslavo. Altra ipotesi, ma questa volta un po’ azzardata, è 1’ opinione (p. 2) che le autorità ecclesiastiche in Dalmazia abbiano permesso che si canti il Vangelo e l’Epistola in croato scambiando quest’ultimo col paleoslavo che siffattamente era stato riconosciuto d’ufficio. Ma il R. dimentica qui le varie proibizioni del paleoslavo, la confusione caotica che a proposito regnava in Dalmazia. (Cfr. A. CRONIA, V enigma del glagolismo in Dalmazia) e, sorvolando SU fatti storici, preferisce perdersi in supposizioni. Pure poco sostenibile è la trovata del R., quando afferma che più tardi, nel s. XVI (1), anche i preti glagoliti, in mancanza di testi glagolitici stampati, abbiano incominciato ad usare i lezionari croati e così man mano siano arrivati al punto di dire tutta la messa in croato (p. 4). Non c’è il più lontano indizio concreto per sostenere ciò e la "Bibliografia glagolitica» del Milcetié, se mai ci mette addirittura in guardia. Altrettanto azzardata è la supposizione che il «psalterio glosado» che don Nicola Nigro ha lasciato alla chiesa di « Sancto Nicola in Pollato » sia stato un lezionario croato. Il R. sillogizza salterio glossato - ergo lezionario croato; don Nicola Negro - ergo Crni, ergo «prete slavo»; Sabbioncello - ergo niente italiano; tutto sommato: lezionario croato! Qui il filologo compassato ci porta addirittura sul campo delle acrobazie e noi per restare coi piedi sulla terra ferma ritorniamo piuttosto al caso di N. Ragnina già affrontato nel nostro studio sul « Canzoniere raguseo del 1507 ». Il R. insiste che il tredicenne o quattordicenne Ragnina abbia scritto non solo il « Canzoniere raguseo » ma anche il suddetto lezionario e aggiunge ancora che a proposito del lezionario il Ragnina non fece solo opera di amanuense, ma anche di traduttore diretto dal latino. La forma virile della sua scrittura, la varietà dei generi letterari scelti (poesie d’amore - testi sacri !) e la quantità delle opere trascritte circa in uno stesso turno di tempo, i vari rimaneggiamenti linguistici fatti durante la trascrizione, i saggi di versione diretta dal latino (a 14 anni !) ecc., tutto ciò per lui non vale niente. Egli ha trovato nell’archivio di Ragusa delle notizie genealogiche che lo incoraggiano neile sue asserzioni e non cede di fronte all’ evidenza di altri fatti più logici e forse più sicuri. Tutt’al più, siccome si sente mancare il terreno sotto i piedi, ammette che una persona adulta abbia lavorato col giovane Ragnina. E addirittura perchè non imbastire un aneddoto grazioso su questo « enfant prodige», ispirandosi magari alle famose bricconate del Settecento? Lasciamo l’avventura e ritorniamo al reale: per noi si tratta di uno dei soliti equivoci d’archivio e d’indagine (per quanto tempo non si sono confusi in un solo «Giovanni da Ravenna» il Conversino ed il Malpaghini ! E i Croati tuttora lo credono!) e N. Ragnina quando trascrisse ed elaborò tutto quello che il prof. Resetar gli attribuisce