— 356 - medio evo, e da scribi latini, incominciano ad essere considerate abbreviature per contrazione, i quali scribi in quei segni cominciano a vedere delle lettere, ma non più lettere ebraiche nè greche, ma lettere latine, di valore ortografico e ortofonico latino, soggette alle norme e alle mutevolezze dell’alfabeto latino. E se per necessità fonetiche alle due lettere iniziali di Christus attribuiscono il valore ortoepico della % e Q greche, la h di Ihesus è da essi considerata una h presente, che come h muta valore e posizione, non una rj presente, immutabile nel suo valore e nella sua posizione. Il paleografo come tale ha da considerarla e rappresentarla, ed ha da considerare assente la rj. Questo criterio supera non solo quelli del vecchissimo Paoli, ma anche quelli del vecchio Traube. Di esso si è valso quando, come noi, volle rappresentare la vera struttura del-l’abbreviatura il Loew, pag. 183, riga ottultima. Di esso si è valso il recentissimo editore del III fascicolo dei classici Exempla Scripturarum della Biblioteca Vaticana, che, perfezionando i criteri dai quali si erano lasciati guidare gli editori dei fascicoli precedenti, ha, per citare un solo esempio, modernamente trascritto il ihu xpi di una bolla di Benedetto IX in Ihesu Christi (tav. Ili, 20, testo p. 7). Di esso ci siamo valsi noi nel nostro Scriptorium. 11 Barada, naturalmente, non sa queste cose. La tendenza fondamentale però in lui non scompare mai. Del manuale del Paoli egli ha ricordato e si fatto forte della parte caduca e sorpassata, ma si è bene guardato dal citare il periodo successivo dove il grande paleografo, con meravigliosa divinazione, anticipando quasi i risultati delle recenti indagini scrive: «Vuoisi bensì notare che, sebbene questa interpretazione sia sotto il rispetto grafico e linguistico rigorosamente esatta, così non l’hanno intesa parecchi scrittori del medio evo, i quali nell’A di ihu hanno veduto una vera e propria h latina, e l’hanno espressamente inserita in principio o nel corpo del nome iesu, scrivendo hiesu, iehu, ihesu ec. ». Il Barada conclude : « Credo che il quadro del sign. Praga sia chiaro e completo. Proseguire significherebbe perdere tempo. Ho scritto questo per il nostro, ma ancor più per il pubblico italiano, perchè si veda quali e si sappia chi siano codeste grandezze che si atteggiano a giudici supremi dei problemi storici della Dalmazia e cacciano all’estero una moltitudine di svariate e pretesamente scientifiche pubblicazioni. Nella esposizione sono lontano da qualsiasi astio nazionale. Certamente a scrivere questo sono stato mosso da un senso di onore e difesa nazionale, come pure da orgoglio scientifico che, confesso, ho conseguito in terra italiana ». a pag. 63 scrive: «Jewish reverence for the Tetragrammaton, the sacred name of Jahwe, was in fact the source of the employment, in mss. of the Septuagint, of ßC and KC f°r 'd'SOg and XVQlOg, and so later on, in mss. of the New Testament, of JQ and XC f°r ’ItjOOVg and X.QMTTÖg».