- 236 — preso dal primo e più notevole scritto della raccolta. Si tratta di quattro saggi di differente importanza e carattere, due dei quali rimasti incompiuti o appena abbozzati, che provengono — come c’informa il Misciattelli — da un archivio rimasto molto tempo sconosciuto presso un erede del Tommaseo in Sebenico. Il pregio degli scritti è accresciuto dal fatto che appartengono quasi tutti all'ultimo periodo della vita del Dalmata, « quando, nella completa cecità fisica, l’occhio della mente, acuito dalla lunga esperienza delle umane passioni, era divenuto strumento più perfetto a scrutare, discernere, giudicare i minimi moti ed affetti dell’animo su la pietra di paragone della verità divina ». I due ultimi saggi, condotti a termine dal Tommaseo, non rappresentano però la parte migliore della pubblicazione. Uno è un catechismo, perfettamente ortodosso nelle idee, che secondo la forma consueta procede per domande e risposte, notevole solo per la chiarezza e vivacità del linguaggio, con cui forse l’autore mirava a correggere la solita aridità di simili trattatelli. L’operetta invero ci dimostra quanto il Tommaseo si preoccupasse di una sana educazione religiosa del popolo e non sdegnasse anche lavori in apparenza umili, pur di giovare alle anime. II saggio Degli Angeli, composto nell’ occasione in cui il Nostro inviava al Rosmini le due liriche su S. Michele, e che doveva servire da illustrazione ai concetti espressi nelle poesie, è un trattato abbastanza ampio, in cui s’intrecciano con straordinaria ricchezza, propria della vasta mente del Tommaseo, ragionamenti filosofici e teologici, storia e tradizione, interpretazioni scritturali, linguistiche e riflessioni morali rivestite di una prosa florida e paludata. Ma il complesso dell’opera, pur contenendo brani notevoli per affetto ed elevazione spirituale, lascia un’impressione di pesantezza, poiché il lettore resta soverchiato ed oppresso dalle svariate discussioni e digressioni, a cui l’argomento vastissimo ha trascinato l'autore. Tra le pagine più riuscite per calore di eloquenza citiamo quelle sul coraggio nel professare le verità cristiane e la rievocazione dei primi banditori della nuova fede (pag. 130-131). A questo trattato il Misciattelli opportunamente ha fatto seguire la bella Preghiera, in un testo alquanto diverso da quello pubblicato nelle Poesie, e il cantico e l’inno, già noti, all’Arcangelo. Il secondo lavoro consta di quaranta ragionamenti, appena abbozzati, di carattere religioso, il cui nesso spesso non ci appare chiaro, ma che dovevano formare la trama di un’ampia apologia del Cristianesimo che il Tommaseo non arrivò mai a scrivere. L’ opera, a giudicare almeno da questi capitoli, sarebbe riuscita un trattato vasto e in molte parti originale, specialmente nelle considerazioni sull’ efficacia educativa e sociale della religione; vi ritroviamo pensieri che il Tommaseo aveva già svolto sotto altra forma nelle sue opere di politica ed educazione. Così p. e. il capitolo Vili sui misteri richiama alla mente le considerazioni sul medesimo argomento nell'opera Dell Italia voi. I, pag. 161 (edizione Uted); il cap. XXXII sull’umiltà un altro brano della medesima opera (voi. I, pag. 163). È naturale però che trattandosi di un semplice abbozzo l’espressione di molti concetti risulti qua e là vaga e imperfetta. Così come sono questi pensieri ci lasciano il rimpianto che il Tommaseo non abbia potuto scrivere il lavoro immaginato, che sarebbe riuscito un monumento degno della sua fedi e delle sue dottrine. Il meglio del volume è contenuto nel primo saggio, Norme di vita, che giustamente il Misciattelli considera come il testamento spirituale del Nostro. Sono, come egli scrive, « consigli e moniti di un pellegrino, che ha quasi raggiunta la meta, ai compagni di viaggio rimasti a mezzo cammino o che siano in procinto d’iniziarlo ».