146 - Cosi ad ogni affermazione più o meno vaga di slavismo negli scrittori di Ragusa si possono contrapporre altre che ne glorificano la romanità. Completamente falsa dunque è l’asserzione del prof. Skok, che dopo il secolo XV nessuna traccia dell’ antico sentimento romano si sia conservata negli autori ragusei. Questo per quanto riguarda la coscienza nazionale degli «Slovinci» di Ragusa; e se non sapessimo che il prof. Skok è un buon conoscitore della patria letteratura, volentieri ci soffermeremmo sulla bellissima rievocazione che della società ragusea al tramonto fece il poeta jugoslavo 1. Vojnovic nella prima parte della sua « DubrovaCka Trilogija ». Pur usando nel dramma il dialetto slavo della città, cosi pregno però d’italianismi, quella società raffinata e decadente, come ce la rappresentata il poeta, ci sembra lontana le mille miglia dal mondo slavo ; gli Slavi da quei nobili altezzosi erano chiamati coll’epiteto sprezzante di Vlasi (Morlacchi). Erano ancora lontani dai nazionalismi più o meno artificiali del secolo XIX ! Le stesse osservazioni fatte per Ragusa valgono anche per le altre città dalmate. Inutile ricordare i brani ben noti delle opere storiche di Giovanni Lucio sulla lingua italiana in Dalmazia; chi scrive però intorno a simili argomenti li dovrebbe prendere in seria considerazione, perchè sono frutto di una grande probità scientifica e di una coscienziosa esplorazione dei patri archivi. Citeremo solamente per Traù le parole del raguseo Stefano Gradi (1613-1683), che per i suoi meriti di studioso divenne Prefetto della Biblioteca Vaticana. Egli difendendo l’autenticità del frammento di Petronio Arbitro, scoperto poco tempo prima a Traù, ricorda che la città aveva resistito agli Slavi e aveva salvato la purezza della sua romanità sino ai suoi giorni: « ut priscos Romanos mores et linguam nullis admixtis vicinorum barbarorum corruptelis ad haec usque tempora tueretur » (*). Ma le citazioni di poeti e storici ci condurrebbero troppo lontano, nè d’altronde dobbiamo esagerarne il valore. Sarà invece più utile tornare alle fredde, ma ineccepibili testimonianze dei documenti contemporanei, per (*) Apologia, citata da V. BrUNKLLI nell' articolo Giovanni Lucio, in « Rivista Dalmatica » A. I, fase. 2, pag. 138.