— 229 — Qui la chiave di tutti i contrasti in apparenza inconciliabili, di tutta la straordinaria varietà di atteggiamenti che offre l’opera del Tommaseo e che a prima vista confonde e sgomenta il lettore. Entro questa luce si spiegano le cadute, le ire, le ingiustizie e gli eccessi, tutte insomma le debolezze della sua turbinosa natura, che tanto scandalo destano in taluni spiriti apparentemente superiori; come d’altra parte quella nota innegabile di nobiltà, di austera elevazione e compatimento cristiano ('), propria di chi per esperienza conosce le miserie dell’uomo e ansiosamente ne cerca il rimedio, che così spesso traluce nei suoi versi e nelle prose; questa la fonte della sua originalità di lirico, quando veramente riesce a dar espressione ai suoi affetti ; in questo mancato equilibrio spirituale, che così nettamente Io contraddistingue dal Manzoni, la ragione della frammentarietà e debolezza del suo pensiero filosofico. Dualismo di razza, come voleva il Panzacchi, che — sempre per la questione di quel benedetto nome Tomassich — lo credeva italiano per educazione, ma figlio di famiglia slava e riscontrava nei suoi scritti «un vago annebbiamento di anima slava?». Prerogativa della sua terra nobile ed infelice, come propende a credere il Baroni, che a questo proposito ricorda l’esempio del suo conterraneo S. Girolamo ? No, umanità dolorante, pura e semplice, diciamo noi ; come — salve le proporzioni e le differenti nature — quella di S. Agostino, del Petrarca, del Pascal. Fra i molti scrittori che la Dalmazia diede all’ Italia, il dramma interiore e la ricchezza di passioni del Tommaseo non trovano riscontro nè analogie. * * * A queste premesse fondamentali il Baroni fa seguire molte altre osservazioni chiarificatrici sulla posizione del Tommaseo nel Risorgimento, sul suo atteggiamento di fronte al Cattolicismo, sul valore del suo pensiero educativo e sul significato in genere della sua figura. Unico difetto di questa parte la brevità e concisione che non permettono al Baroni di suffragare le idee che espone con citazioni — che potrebbero essere numerosissime — dalle opere del Tommaseo e che certamente contribuirebbero a illuminare di più viva luce i giudizi dell’autore. Ma questo ci fa sperare che egli voglia presto accingersi a un lavoro di più vasta lena sul Nostro, che svolga ampiamente le idee abbozzate nella prefazione, riparando cosi almeno in parte l’ingiusto abbandono in cui gli studiosi cattolici d’Italia lasciarono la memoria del Tommaseo, quand’anche non si unirono al coro dei suoi oltraggiatori. (Cfr. gli articoli del p. Ermenegildo Pistelli nel « Corriere della Sera » del 10 e 12 ott. 1926 e la frase ingiuriosa di Francesco Casnati in ♦ Vita e Pensiero », 1924, pag. 375). Il ricchissimo epistolario del Dalmata e molte altre sue opere, venute in luce anche recentemente, ce lo mostrano assai spesso in irriducibile contrasto con uomini e tendenze del Risorgimento, al quale pure egli aveva consacrato tanta parte delle sue energie. A un giudice superficiale tutto ciò potrebbe apparire sfogo di malevolenza personale, gelosia o acrimonia di un animo irrimediabilmente incline alla maldicenza e al dileggio. Ma ben spesso sotto a queste ingannevoli apparenze si cela un dissidio più profondo d’idee. «Il Tommaseo, scrive il Baroni, concepiva il Risorgimento italiano secondo il modo del Savonarola: un risorgimento di costumi austeri e di virtù cri- (1) Vedi p. e. le due lettere al figlio Girolamo, pubblicate in questo volume da D. Orlando, pag. 172 e sg.